Recensioni

Questa pagina contiene sia le recensioni del mio libro "Come lacrime nella pioggia" sia le recensioni del mio libro "Quando dal cielo cadevano le stelle".
Per leggere le recensioni di "Quando dal cielo cadevano le stelle" scorri la pagina.

COME LACRIME NELLA PIOGGIA

* Recensione a cura di Ika per il blog "Dreaming Wonderland" (23 maggio 2015)
VAI ALLA RECENSIONE

Sarah è una ragazza americana di poco più di 20 anni. E' fidanzata con Abhai, un giovane indiano che, da quando è piccolo, vive a New York. I due intraprendono un viaggio nella città natale di quest'ultimo, Kailashpur. Qui, soprattutto Sarah, si renderà conto di quanto è diversa la condizione della donna, costretta ad ubbidire ad ogni ordine degli uomini. Conoscerà poi Asha, una giovane ragazza che accenderà in lei la speranza di poter cambiare questa situazione mettendosi contro tutto e tutti.
Ringrazio l'autrice che mi ha inviato la copia di questo romanzo.
Come avrete letto, si tratta di un libro con temi molto forti e la paura, al solito era tanta. Ma l'avevo da così tanto tempo che doveva per forza leggerlo!
Il modo di scrivere non è particolare, ma scorrevole e abbastanza descrittivo. La narrazione avviene attraverso due punti di vista. Nella prima e nell'ultima parte, troviamo quello di Sarah; in quello centrale, a parlarci è Asha. 
Ho apprezzato la scelta dell'autrice perchè ci dà modo di capire e di entrare un po' di più in questo mondo fatto di violenza psicologica e fisica. 
L'unica pecca che ho trovato in ciò, è che il modo di narrare di un personaggio, rispetto all'altro, non è poi così diverso come invece mi sarei aspettata.
Sarah è una giovane donna appassionata di fotografia, ama il suo futuro marito, Abhai, ed è ricca di valori. Quando scopre cosa succede in questo paese, non riesce a stare ferma con le mani in mano, deve lottare, deve provare a cambiare le cose, rischiando anche di mettersi nei guai. Ad appoggiarla è Abhai, che le da' i suoi consigli e i suoi pareri più sinceri, aiutandola con le decisioni più giuste da prendere. Inoltre, è un uomo davvero leale, e innamorato di Sarah. Quest'ultima, poi, creerà un rapporto con una piccola indiana, Asha, di quasi sorellanza. Nel suo sguardo c'è una luce, una voglia di lottare che nelle altre donne non c'è. Questo fa scattare Sarah, che vuole a tutti i costi proteggerla, e salvarle la vita.
Sarà, invece, proprio Asha a salvargliela.
Ci sono tante cose che ho apprezzato in questa storia.
Innanzitutto, non si è mai rivelata noiosa, Non riuscivo a leggere moltissime pagine di seguito perchè è molto intenso, forte, ma la voglia c'era sempre.
E' una lettura che mi ha aperto un mondo, mi ha fatto conoscere una realtà che è bene conoscere, ma che personalmente non conoscevo.
Per cui consiglio questo libro.
E' da tenere in considerazione il fatto che si tratti di un romanzo forte, crudo, che racconta dei fatti molto duri, che però sono importanti.
Bisogna conoscere certe realtà e spero che questa storia possa aprirvi gli occhi, come quasi nessuna aveva fatto con me.


La mia votazione: 
 interessante!
* Recensione a cura di Mariapiera per il blog "Chiacchiere in libertà" (15 aprile 2014)
VAI ALLA RECENSIONE (include anche una breve intervista)
L'autrice ha raccolto numerose testimonianze, svolto molte ricerche e arricchito con la sua immaginazione la tragica realtà delle donne in India. Purtroppo, in questo bellissimo Paese, nascere femmina è una condanna e la cronaca più recente ne è testimonianza: la donna non ha alcun valore, non serve a nulla, non ha diritti ma solo doveri come quello di essere sottomessa all'uomo (che sia padre, marito, fratello...), fare figli, pulire la casa, lavorare e subire ogni tipo di violenza in silenzio.
Il realismo con cui scrive Sofia Domino mi ha emozionato e commosso profondamente e, in alcuni tratti, ho avuto difficoltà nell'andare avanti perché vi sono dei passaggi molto duri e violenti. Presenta con molta accuratezza i paesaggi e, sopratutto, i personaggi nei loro aspetti caratteriali e mentali. Non mi stupisco, quindi, del forte coinvolgimenti emotivo: è difficile restare impassibili.
Il libro è scaricabile in modo gratuito (potete farlo scrivendo a sofiaromanzo@yahoo.ite aiuta davvero a conoscere una realtà, quella delle donne in India, di cui si parla poco e presenta tutti i modi con cui possiamo dare il nostro contributo per cambiare le cose.

* Recensione a cura di Macicci per il blog "The Book Thief" (10 ottobre 2014)
VAI ALLA RECENSIONE



Anche questa volta vi devo confessare che qualche parte del libro mi ha commossa. Certo, so di essere una ragazza sensibile, ma il merito va soprattutto all'autrice: non mi ero mai particolarmente interessata ed informata sull'India in generale, ma leggendo questo romanzo certamente mi si sono aperti gli occhi su una realtà lontana ma forse neanche così tanto.

Si perché quella che viene raccontata è la storia di una ragazzina (il fatto che fosse molto più piccola di me mi ha toccata ancora di più) indiana in particolare, ma che potrebbe benissimo rispecchiare quella di molte altre donne. Leggendo la storia di Asha sono rimasta sinceramente sorpresa e turbata: com'è possibile che le donne al giorno d'oggi siano ancora trattate in modo crudele? A mano a mano che proseguivo la lettura non potevo fare a meno di pensare a tutte quelle donne indiane che ho incontrato in passato o che vedo in giro tutt'ora: quelle che vedo in aeroporto, in treno, in città, sono libere o nascondono la loro infelicità? Nessuna ha mai pensato di ribellarsi? Com'è possibile che accettino passivamente tutto quello che succede loro?
Ecco, dicendo ciò non voglio mettere in secondo piano la storia "vera e propria": credo infatti che l'autrice abbia narrato una storia interessante sì, anche se semplice. 
Una ragazza americana che viaggia fino a un villaggio in India per far tornare alla luce i vecchi ricordi del suo futuro marito indiano, appunto, e che si imbatte in una ragazzina forte e tenace, tanto da voler provare a cambiare le cose, forse in modo un po' troppo precipitoso e senza un'idea precisa in mente. Questa è senza dubbio una storia di donne forti, lontane dalla passività ed inespressività di tutte le altre che si incontrano al villaggio. 

L'autrice tratta il tema dell'oppressione femminile indiana non solo dal punto di vista dei matrimoni combinati (che forse sono ciò che più si conosce della cultura indiana) e dei maltrattamenti "domestici", tra le mura di casa: nel libro si parla anche della vendita delle donne a uomini che le sfruttano poi come prostitute per guadagnare dei soldi e per soddisfare anche i propri piaceri. Forse questo mi ha sconvolta ancora di più di tutti i maltrattamenti e le sottomissioni delle donne nel villaggio; nel racconto, Asha viene punita per essersi rifiutata di sposarsi e, d'accordo anche con suo padre, quello che doveva essere il suo futuro suocero la vende a uomini che commetteranno ogni atrocità su di lei. Non conoscevo questo "lato oscuro" delle città indiane (anche se ricordo che quando vidi il film The Millionaire rimasi sconvolta nel vedere cosa certi uomini fanno ai bambini delle baraccopoli indiane), che si riflette non solo sulla crudeltà degli uomini sulle donne, ma anche dal punto di vista della sicurezza pubblica (polizia inaffidabile e corrotta).

Non voglio raccontarvi più del necessario, perciò mi fermo qui.
Sofia Domino ci racconta una storia che ci fa aprire gli occhi su un Paese un po' sconosciuto e forse in disparte come l'India, ma ci ricorda comunque che per quanto queste atrocità facciano male (al corpo e allo spirito), c'è sempre uno spiraglio di luce, una speranza a cui aggrapparsi per continuare a lottare e a vivere: l'amicizia e la tenacia.


* Recensione a cura di Monica De Lucia, pubblicata su Goodreads (19 settembre 2014)
VAI ALLA RECENSIONE
Mi sono ritrovata per puro caso a leggere questo romanzo.Ho deciso subito di iniziare, perchè non nascondo che all'inizio ero scettica e avevo necessità di capire se la mia prima impressione aveva un reale fondamento. Nell'arco di pochi giorni ne avevo già divorato la metà delle pagine,era come se fossi talmente attratta da quel testo che non riuscivo a fermarmi, la voglia di sapere cosa c'era nella pagina successiva prendeva il sopravvento. Da donna, e questo non è un fattore secondario, sono rimasta profondamente toccata nell'intimo. Per quanto l'argomento possa essere conosciuto, sicuramente non è abbastanza e questo libro ha aperto i miei orizzonti, ma soprattutto mi ha fatto vivere quelle esperienze. Ero diventata Asha e riuscivo a provare la gioa, il suo profondo amore per la vita e per la libertà, la sua rabbia, il suo non comprendere il perchè bisogna esser considerate "inferiori", il suo orgoglio, ma anche il suo dolore morale e fisico, le umiliazioni e la grande forza che la caratterizza.Insomma, se in una sola parola dovessi definire questo romanzo userei la parola empatico. Vivi la storia dei protagonisti, riuscendo a calarti in panni nuovo, forse mai conosciuti e ne esci diversa, più ricca e consapevole.


* Recensione a cura di Roberto Baldini, per il blog "Scrivo Leggo" (16 settembre 2014)
VAI ALLA RECENSIONE

Lacrime amare.

Quante volte ammiriamo paesi e usanze che ci sembrano distanti anni luce...

Ammirarle da lontano potrà essere affascinante, ma viverle?

Sarah è innamorata di Abhai, nonostante il loro retaggio sia diversissimo. Ma quando si ama, cosa importano queste cose?
Tradizioni, usi e costumi, cibi, case… Uno scambio di culture arricchisce sempre lo spirito e l’anima, perché ribellarsi o vedere ciò che non conosciamo con occhi dubbiosi?
Abhai vuole portare la sua futura sposa a conoscere le sue origini, conoscere quella terra lussureggiante che ha temprato il carattere dell’uomo che vuole sposare.
Purtroppo dietro la maschera più scintillante può nascondersi un volto in cancrena, un volto che vorremmo salvare ma che desidera rimanere così com’è…
Sarah conoscerà una ragazza giovane e dolce, una ragazza che sta per sposare un uomo che non ama, vivendo senza sogni, subendo qualsiasi sopruso.
Sarah ha deciso che la salverà, e nulla e nessuno potrà fermarla, neppure l’odio degli uomini.
Proveranno a spezzarla, ma la volontà di Sarah è forte come l’acciaio e affilata come la lama di un rasoio…
Sofia Domino ci narra una storia drammatica, una storia che sentiamo finirà male, poiché i muri di gomma imprigionano chiunque decida di avere un pensiero fuori dal coro. 
Un libro come un pugno nello stomaco, una storia che vi donerà molteplici emozioni e, sicuramente, una nuova consapevolezza.


* Recensione a cura di Monica Portiero, per il blog "La mia canzone per te" (16 settembre 2014)
VAI ALLA RECENSIONE

Premetto che la lettura di questo libro è stata difficile: assimilare una storia del genere, in quanto donna, mi ha colpita molto e pure incattivita, se devo dirla tutta

No, non per come è scritto, perché l'autrice, Sofia Domino è una delle "esordienti" che stimo e apprezzo davvero per la sua dote naturale di scrittrice.

Ha uno stile chiaro e pacato, elaborato quanto basta, a tratti davvero intenso e, con la caratterizzazione incisiva dei personaggi femminili è riuscita a trasmettermi tutte le emozioni vissute dalle ragazze protagoniste della storia.

Mi ha incattivito l'argomento, ovvero i maltrattamenti continui cui vengono sottoposte le donne in India.

Sofia è stata ancora una volta bravissima nel condurci nel mondo di Asha, ragazzina quindicenne, cui la famiglia sta per imporre un matrimonio con un uomo che dovrà accettare in silenzio.

La polvere del suo villaggio scende sulle mani costrette ad arrotolare sigari, a pulire un pavimento fatto di terra, a trasportare ingenti pesi sulla testa, scende a coprire le percosse del padre o dall' uomo di turno, cui basta un solo sguardo reputato insolente per massacrare la "creatura".
Perché? Perché in India le donne non valgono niente.Vivono di poco cibo, non possono frequentare le scuole e devono solo lavorare.
Il risvolto della medaglia è Sarah, giovane americana che sta per sposare un coetaneo indiano da sempre vissuto in America.I due partono insieme direzione India, uno con il desiderio di tornare nel suo villaggio natio, l'altra per aiutarlo a rammentare le proprie origini e una madre morta quando era troppo piccolo per poterla ricordare.
L'incontro tra Sarah e Asha è voluto dal destino.
Una ragazza americana e una ragazzina indiana: cos 'hanno in comune?
La voglia di vivere, il desiderio di libertà.
Asha fa breccia nel cuore di Sarah come nessuna può fare.
Appena Sarah la vede, il viso dolce della ragazza fa nascere dentro di lei l'istintivo desiderio di proteggerla, di portarla via ad ogni costo da quell'inaccettabile mondo fatto di schiavismo e violenza che non riesce a concepire.
Prova a difenderla anche a costo della propria vita e quando non riesce si dispera e s'intestardisce: anche se dovrà tornare negli Stati Uniti le giura salvezza. Promette di tornare a prenderla ad ogni costo e Asha ha così fede in lei e in quella promessa, da mettersi in serio pericolo di vita: rifiuta il matrimonio imposto e il padre le infligge un castigo orribile.
La manda via di casa insieme a quello che doveva essere il futuro suocero che dovrà insegnarle la sottomissione.
Come?
Ecco come: viene consegnata nelle mani di quattro maiali spietati che la violentano e la riducono a botte come una larva, ma non basta.Viene venduta ad un asta e ha un nuovo padrone, che la picchia talmente tanto da causarle un' emorragia così forte da essere costretto a portarla al Pronto Soccorso dell'ospedale più vicino. Mente Asha, proteggendo l'uomo invece di denunciarlo, con l'assurda speranza di poter rivedere Sarah: infatti ha ricevuto una lettera dall'amica e la speranza si era riaccesa come un faro nella notte.
Con questo credo nella mente si costringe a mentire, a subire violenza, e a subire l'umiliazione ultima: cercando un nuovo profitto l'uomo la rende una prostituta da quattro soldi alla mercé di ogni tipo d'uomo.
Riuscirà Sarah a trovare Asha?
Lo scoprirete leggendo il romanzo "Come lacrime nella pioggia", la storia di un'amicizia che supera tutti i confini, la storia di due donne forti in grado di superare ostacoli impensabili per mantenere fede prima di tutto a se stesse.
Sofia questo è il secondo romanzo che leggo scritto da te e devo dirti che nonostante lo stile sia sempre grandemente piacevole, in questo libro trovo un miglioramento che non posso fare a meno di notare. La tua capacità di espressione emotiva si è ampliata. Restano un po' nell'ombra i personaggi maschili ma penso sia voluto così.
Sofia è una ragazza impegnata nel sociale e acquistando questo libro aiuterete altre donne come Asha.


* Recensione a cura di Elena, per il blog "Da una stella cadente all'altra" (4 settembre 2014)
VOTO: 4/5
VAI ALLA RECENSIONE

Non è il primo libro che leggo con una storia drammatica in cui la condizione femminile è rappresentata in modo così tragico, ma questo romanzo di Sofia Domino mi ha colpito tantissimo.

Questo romanzo è un pugno nello stomaco, che ti costringe a non voler più chiudere gli occhi e ignorare ciò che succede dall'altra parte del mondo, ma che sarebbe potuto succedere anche a te, se fossi nata "nella parte sbagliata".

L'unica colpa di Asha, quindici anni appena e degli occhi nerissimi e vivaci, è quella di non accettare un matrimonio combinato, di sfidare lo strapotere degli uomini e desiderare una vita semplice ma da donna libera.




Un giorno nel suo villaggio arriva una ragazza bionda e dagli occhi azzurri, munita di macchina fotografica e della disinvoltura tipica di una ragazza americana, abituata a trattare alla pari con chiunque.

Le loro vite si incrociano, le loro anime si riconoscono e in pochissimo tempo creano un legame indistruttibile, alimentato dal desiderio di una vita migliore per le donne indiane e in particolare per Asha.
Certo, inizialmente ho pensato che l'atteggiamento di Sarah nei confronti degli uomini del villaggio fosse alquanto controproducente, e in effetti non ottiene niente di buono cercando di convincere gli uomini che le loro mogli non dovessero obbedirgli ciecamente con la sola spiegazione che "non è giusto!", però ripensandoci a mente un po' più fredda credo fosse la reazione impulsiva tipicamente americana (nazione che non perde occasione per "interferire" con poco tatto nelle realtà estere), quindi complimenti all'autrice per aver scelto una ragazza newyorkese e non, che so, spagnola o italiana (che magari si sarebbero comportate con un po' di cautela in più).
Ho apprezzato tante cose di questo romanzo: la descrizione dell'ambientazione, quei paesaggi polverosi, la giungla, le piccole capanne etc.. , il rapporto di amore, rispetto e supporto tra Sadie e Abhai, e soprattutto la divisione in tre parti con la seconda (sicuramente la più drammatica e sconvolgente) narrata in prima persona da Asha.
Unica, minuscola pecca, un po' di incertezza formale, qualche ripetizione di troppo o qualche periodo poco comprensibile, ma proprio piccola!
Insomma, è un libro che dovremmo tutti leggere e che non vi lascerà indifferenti. Lo dobbiamo alle ragazze indiane. Non spegniamo il loro sorriso.



*Recensione a cura di Valentina, per il blog "Reading Out Louder" (31 agosto 2014)
VAI ALLA RECENSIONE
Cari lettori, oggi voglio parlarvi di un libro che ho finito di leggere da pochissimo e che tratta una tematica che mi ha sempre interessato molto e che mi sta a cuore, ovvero la condizione delle donne e la lotta per l'emancipazione. Ho scoperto questo romanzo tramite l'autrice che mi ha gentilmente contattata per una recensione, e non potrei essere più felice di aver avuto l'opportunità di leggerlo. Esso racconta una bellissima storia di amicizia tra due donne ammirevoli, tra due personalità che dimostrano una grande forza interiore e un grande coraggio. 
Partiamo, come sempre, dalla trama ...

Sarah è una ragazza americana di ventidue anni, con la grande passione per la fotografia, che vive a New York con il fidanzato Abhai, nato a Kailashpur, un piccolo villaggio indiano, ma trasferitosi poco tempo dopo con il padre in America. Prima di sposarsi, i due ragazzi decidono di fare un viaggio e di andare a Kailashpur, affinché Sarah possa conoscere il luogo d'origine del suo futuro marito. Entrambi sono molto entusiasti del viaggio, specialmente la protagonista, la quale ama viaggiare.
Arrivati in India, la ragazza rimane affascinata dalla vitalità delle grandi città; ma il viaggio di Sarah e Abhai non si ferma nella capitale e deve proseguire alla volta di Kailashpur. 



Non appena giungono a Kailashpur, i due si presentano al capo del villaggio e vengono accolti dagli sguardi curiosi degli abitanti, sguardi per lo più rivolti a Sarah che, con la sua carnagione chiara e i capelli biondi, attira di certo l'attenzione. Per tutto il mese che trascorrono in India, Abhai e Sarah sono ospiti del cugino di lui, che vive insieme alla sua famiglia in una piccola capanna, priva delle comodità cui i due ragazzi sono abituati. Il viaggio in India per Sarah si rivela unico, sia perché entra in contatto con una cultura, con degli usi e delle tradizioni diverse dalle proprie, sia perché, dopo l'incontro decisivo con una persona del villaggio, la sua vita non potrà essere più la stessa.






La persona in questione è Asha, una ragazzina di sedici, che ama sognare e che vorrebbe essere libera di studiare, di lavorare e fare carriera. Purtroppo, tutto ciò ad Asha è negato perché in India, specialmente nei piccoli villaggi, la donna non ha alcun valore e non ha potere decisionale. E' il padre, il capofamiglia, che decide cosa è giusto per la moglie e per le figlie femmine. Per il padre di Asha, la ragazza deve smetterla di fantasticare ed essere invece grata e felice di sposare l'uomo che ha scelto per lei.
Ma Asha non vuole questa vita, non vuole sposare un uomo che non ama, per poi ubbidirgli ciecamente e diventare il capro espiatorio su cui sfogare rabbia e frustrazioni senza poter dire nulla. 



Quando Asha e Sarah si incontrano per la prima volta, tra le sue si instaura subito un forte legame d'amicizia, che le porta a diventare migliori amiche e a escogitare un piano per far cambiare idea agli uomini del villaggio in modo che anche le donne possano avere uguali diritti. La strada verso l'uguaglianza, però, è irta di difficoltà e di pericoli perché gli uomini del villaggio non sono per niente intenzionati ad accogliere cambiamenti. Che cosa succederà ad Asha e a Sarah? Riusciranno nella loro impresa? E come reagiranno gli uomini del villaggio?

Questo è uno di quei romanzi che non ti può lasciare indifferente perché la tematica è talmente importante e purtroppo ancora attuale, che riesce a coinvolgerti e ad emozionarti. Non è ammissibile che oggi, nel 2014, la donna in India (con le dovute eccezioni, anche se molto poche) non abbia diritti, non abbia libertà, non abbia una vita sua, ma sia un oggetto privo di valore utile soltanto per essere sfruttato e per mettere al mondo figli, preferibilmente maschi. Ammiro molto il coraggio di Asha e Sarah, la loro volontà di cambiare la situazione per rendere Kailashpur un luogo migliore. 



Asha è un personaggio bellissimo, mi ha toccato il cuore, infatti è il mio preferito. Si dimostra una ragazza semplice, dolce, buona, con la sola colpa di voler vivere la sua vita. Perché desiderare la libertà deve essere una colpa? Asha non lo capisce, non si rende conto della cattiveria degli uomini del suo villaggio, che, servendosi di menzogne, la trascinano in un giro di schiavizzazione da cui non potrà più uscire. E, nonostante tutto, Asha non perderà la speranza, crederà sempre in Sarah, la sua "Sadie", e nell'aiuto che può darle e si rivelerà un'amica sincera e leale fino alla fine.



Anche Sarah è un bel personaggio. Non è facile prendere un impegno così importante e difficile, da sola, all'età di ventun anni. Ma Sarah è una donna forte e coraggiosa e si impegna con tutte le sue forze per mantenere la promessa fatta ad Asha. Inoltre, Sarah può contare del supporto e della collaborazione di Abhai, che si distingue dagli uomini di Kailashpur perché lui ama profondamente sua moglie e la rispetta. Forse ho trovato Sarah un po' troppo ingenua nell'affrontare le autorità del villaggio. Una ingenuità buona, ricca di valori positivi, pagata però a caro prezzo.



Mi è piaciuto lo stile dell'autrice, specialmente nelle parti descrittive, che ho trovato interessanti al fine di conoscere una realtà che non è sempre come la si immagina. In definitiva, Come Lacrime nella Pioggia è un romanzo che emoziona e che ti lascia un sapore amaro, ma anche la voglia di fare qualcosa, di prendere esempio dalle due protagoniste affinché simili ingiustizie non possano più accadere.
Il mio voto per questo libro è ...4 stelline!

* Recensione a cura di Arya, per il blog "The Paradise of Books" (23 agosto 2014)

Quattro Anelli: Intrigante!
Non avevo mai letto un libro che avesse un tema così doloroso, tutt'ora attuale, eppure ha superato le mie aspettative. Mi è piaciuta molto la storia e grazie a questo libro ho capito qualcosa in più sull'India e su come è la vita nei villaggi, sia per gli uomini ma soprattutto per le donne.


Quando speri tanto qualcosa,

è facile confondere le speranze con la realtà.


La storia parla di due ragazze: una americana e una indiana, le cui vite si intrecciano casualmente. Sarah è di New York e, insieme al suo fidanzato Abhai (che è indiano), decide di andare a visitare il villaggio nativo di lui prima di sposarsi. Quando arrivano, Sarah e Abahi vengono ospitati dal cugino di lui nella sua capanna dove vivono il cugino, la moglie e i loro due figli. Sarah nota subito come la vita sia diversa da New York ma anche da Dubai (dove avevano alloggiato prima di venire nel villaggio) e nota come vengono trattate male le donne. Girovagando per il villaggio conosce Asha, una ragazza di 15 anni la quale è l'unica donna che ha quella luce negli ochhi che Sarah non aveva visto negli occhi cupi e spenti di tutte le altre donne del villaggio. Comincia ad avvicinarsi a questa ragazza e scopre che dentro di lei c'è un uccellino che vuole volare e che vuole liberarsi dalla gabbia dove lo hanno rinchiuso; ma Asha deve sposarsi e quindi il suo destino è segnato, come quello di tutte le donne di lì. ma Sarah non vuole permetterlo e le promette che quando tornerà in India troverà un modo per liberarla da quelle catene. Ma quando torna, Asha non c'è: è stata portata via con l'inganno e adesso paga per la voglia di ribellarsi. Ma Sarah non rinuncia e farà di tutto pur di ritrovarla e mantenere la sua promessa.


Al contrario delle sue coetanee o delle altre donne,


lei voleva lottare per i suoi sogni, 


per vivere una vita degna di questo nome.


Voleva diventare qualcuno, voleva migliorare la sua vita.

Voleva dire basta.

La protagonista è Sarah, una ragazza di New York che, inorridita da come vengono trattate le donne in India, cerca di migliorare la loro situazione, facendo, innanzitutto, speranza nel cuore di Asha, come soffiando su un piccolo fuocherello per aumentare la sua intensità. Ma questa luce, questa voglia di libertà è vista, dagli uomini del villaggio, come un'indecenza e subito agiscono per fermarla.
Sarah sarà ricoperta di insulti e verrà odiata da tutti gli uomini per il semplice fatto che vuole far cambiare le leggi del villaggio, dando così più importanza alle donne.
Quest'ultime vengono considerate peggio degli animali, come se fossero un peso inutile e che servissero solo per fare figli (maschi soprattutto) e per pulire e fare le faccende di casa.

Volevano mascherare i suoi sentimenti,
volevano ricordarle che non valeva niente,
volevano cancellare i suoi bisogni.
Volevano nascondere i suoi sogni,
facendoli svanire come lacrime nella pioggia.


Questo libro mi è piaciuto molto e inoltre è il primo che leggo che è ambientato in India. La lettura è stata molto veloce e mai noiosa. Mi è piaciuto molto dopo la seconda parte della storia dove la situazione prende una piega diversa sia per Asha sia per Sarah.
Mi ha colpito anche il rapporto tra Sarah e Abahi: lui l'ha appoggiata dall'inizio fino alla fine, le è stato sempre vicino e, sopratutto, l'ha sempre difesa anche quando tutto il villaggio la odiava e la disprezzava.
* Recensione a cura di Giovanni Capotorto, per il blog "Fogli Diversi" E "Bravi Autori" (17 agosto 2014)

VOTO: 4/5
La prima cosa che mi ha colpito di questo libro è stata la copertina che a mio parere sintetizza perfettamente il contenuto del libro, con quello sguardo malinconico, ma deciso, rispecchiato nel vetro e proiettato verso il futuro, come immerso nei propri sogni.
Come lacrime nella pioggia è una lettura non sempre facile, che alterna momenti di serenità e di forte drammaticità, rievocando in maniera molto realistica vicende che purtroppo continuano ad accadere ogni giorno in India e in tanti altri paesi dove la donna è ancora reputata inferiore, considerata meno di niente, a cominciare dal modo in cui viene presentata, mai con il proprio nome, ma sempre come "la figlia di...", "la futura moglie o la moglie di...", "la sorella di...", quasi che non abbia una propria identità.autonoma da quella di un maschio della famiglia. (...)

Come lacrime nella pioggia è la storia dell'amicizia tra l'americana Sarah Peterson e l'indiana Asha Sengupta, un incontro che va oltre le differenze culturali e le unisce in una lotta impari contro una concezione profondamente maschilista e discriminatoria della donna.

É diviso in tre parti, narrate in prima persona, due con la voce di Sarah e una con quella di Asha. Coraggiosa la scelta di narrare la storia in prima persona e affrontare da un punto di vista femmminile il ruolo marginale dela donna nella società indiana.

Sarah è una ragazza di 22 anni di New York, appassionata di fotografia, fidanzata con Abhai Mailakar, originario del villaggio indiano di Kailashpur. Prima del matrimonio i due fidanzati decidono di recarsi in India per conoscere la terra natale di Abhai, un villaggio povero, insalubre e privo di tutte le comodità a cui loro sono abituati.

Subito si scontrano con una società fortemente maschilista dove la donna è considerata meno di niente, a cominciare dal modo in cui viene presentata, mai con il proprio nome, ma sempre come "la figlia di...", "la futura moglie o la moglie di...", "la sorella di...", quasi che non abbia una propria identità.
La ragazza cerca di adattarsi alla situazione, accettando malvolentieri alcune regole del villaggio per non offendere i parenti che li ospitano, ma non può sempre reprimere la sua forte personalità, che la porta a condannare apertamente le ingiustizie che vede, inimicandosi gli uomini del villaggio.
Loro non capiscono la sua diversità e non accettano il suo atteggiamento, a volte quasi arrogante, il suo impegno per cambiare le regole. Non la sopportano e non ne fanno mistero, rispettandola solo perché straniera e futura moglie di Abhai.
Legate da una promessa di reciproco aiuto, le due donne cercheranno in ogni modo di impedire che Asha sposi un uomo che non ama, scontrandosi con una mentalità chiusa, subendo insulti, bugie e inganni, violenze fisiche e psicologiche, senza mai perdere la speranza.
Lo sguardo vuoto e inespressivo della maggior parte delle donne del villaggio, si contrappone in ogni pagina a quello determinato di Asha e Sarah, ai loro tentativi di farsi ascoltare, di spiegare che è possibile credere in un mondo diverso.

Nella storia di Asha è riassunta la drammatica condizione della donna indiana, costretta a sposarsi in tenera età e diventare proprietà di un uomo che spesso neanche la ama, privata di ogni diritto, della possibilità di far sentire la propria voce, di dire e fare quello che desidera, senza dover sempre aspettare che un uomo le conceda la parola.
Forse anche per questo manca un lieto fine; la battaglia per i diritti delle donne purtroppo in tanti paesi è ancora tutta da combattere e speriamo si possa un giorno scrivere un nuovo capitolo di questa storia, quello della liberazione di tutte le donne indiane (e non solo) da ogni forma di schiavitù, culturale, sociale e sessuale.

(...)
Proseguendo la lettura, il ritmo fortunatamente cambia e le vicende di Asha e Sarah e dei tanti personaggi di contorno, si rivelano pienamente, a volte anche in modo drammatico.
Molto negativo il ruolo degli uomini nella storia, a parte Abhai e suo padre, i soli ad appoggiare la lotta di Sarah per difendere i diritti di Asha e delle altre donne. Come uomo, nella lettura ho provato spesso rabbia per il loro modo di fare, per la loro l'incapacità di superare i pregiudizi e, a volte, per la loro malvagità e violenza gratuita.
Una storia che fa riflettere, che ci fa conoscere una triste realtà, tanti drammi che si consumano ancora oggi, nell'indifferenza generale, in quello che viene definito "il peggior paese dove nascere donna" (e purtroppo non solo lì).


* Recensione a cura di Sara Rania, per "Un libro in tasca" (10 agosto 2014)
VOTO: 5/5
Sarah Peterson è cresciuta a New York, città cosmopolita che ha saputo fare tesoro del melting pot di comunità che la compone. Ha ventidue anni, è spensierata e appassionata di fotografia e si appresta a sposare il suo grande amore. Sarà proprio al fianco di Abhai Mailakar, suo compagno di origini indiane, che deciderà di intraprendere un difficile viaggio nel cuore del grande paese. Uno spostamneto senza ritorno, che la porterà a fare i conti con la cruda quotidianità della condizione femminile, particolarmente esacerbata in alcune zone rurali del sub-continente indiano. Ambasciatrice di un mondo così diverso Sarah incontrerà Asha Sengupta, una ragazza di quindici anni destinata, ma non rassegnata ad esser venduta come sposa dal padre. I loro destini incrociati in punta di sguardi daranno ad Asha la forza di lottare contro una società conservatrice e maschilista e di tenere alti i suoi sogni anche nel fango e nella violenza. Riuscirà Sarah a salvarla dalla spirale di sfruttamento nella quale sembra affondare? E se invece accadesse il contrario?
Ho sempre sentito dire che i viaggi cambiano le persone. Prima di partire per l’India ero già stata in Giamaica e anche in alcune città europee ma, al ritorno, non mi ero sentita veramente cambiata.
Le esperienze erano state magnifiche, e mi ero sbizzarrita nel fotografare i più importanti monumenti o i più bei scorci naturalistici delle varie nazioni ma l’India… C’è qualcosa di misterioso in quel Paese. Si respira aria di ribellione, di voglia di vivere… ma adesso sto parlando delle maggiori città indiane, non di Kailashpur.
A Kailashpur non si respira aria di libertà. Laggiù le leggi hanno un altro significato, le donne hanno un altro valore, o meglio, non lo hanno affatto. A Kailashpur tutto è diverso.
A raccontarci la sua storia la giovane Sofia Domino, già autrice del testo “Quando dal cielo cadevano le stelle”, che è tornata a dar voce al dolore con le sue parole che suonano come un appello.
Il romanzo è gratuito e la sua lettura può essere un’ottima occasione per approfondire una realtà dolorosa e talmente distante da risultare quasi inimmaginabile.


* Recensione a cura di Clarke Petrova, per "The Gal Who Lives Of Books" (5 agosto 2014)


Voto:
☆☆☆☆☆

Come lacrime nella pioggia è un libro speciale, vero, crudo, ma racconta storie che accadono ogni giorno, le ingiustizie nei confronti delle donne. è di sicuro un libro che fa riflettere proprio su queste numerose ingiustizie, e ti accende un "fuoco" dentro, che ti spinge a voler fare qualcosa, proprio come Sarah.
Sarah, è americana, ed è fidanzata con un indiano, così decide di andare a visitare il villaggio del suo futuro marito, Abhai. Lui non ha la stessa mentalità degli altri cittadini, essendo cresciuto  New York, e sostiene Sarah in ogni sua scelta. Il villaggio di Abhai (scusate se non scrivo il nome, ma è difficile...) è minuscolo e insignificante, ma è in condizioni primitive, e per quanto insignificante, non permette a tutte le donne che ci abitano di avere dei diritti. Ogni donna è abituata ad accettare il proprio destino, senza fiatare.
Ogni donna ha gli occhi vuoti e spenti, tristi. Tranne Asha. Lei è determinata, vorrebbe proseguire gli studi, e vorrebbe non dover sposare il figlio di Vishnu. Ma quanto conta la sua opinione, in un villaggio dove la donna non ha neanche diritto di essere chiamata con il proprio nome?
Sarah vuole aiutarla, in tutti i modi. Parte tranquilla, convinta che Asha non si sarebbe sposata. Ma invece sono state sempre ingannate. Ogni frase uscita dalla bocca degli uomini del villaggio era una menzogna, e ora Asha non c'è più. E nessuno sembra intenzionato ad aiutare Sarah.

Come lacrime nella pioggia parla di storie che accadono ogni giorno, ogni ora. Parla delle condizioni della donna in India, il peggior Paese dove nascere donna. Perché, se nelle grandi città c'è un accenno di sviluppo, nei villaggi come quello della protagonista, le condizioni sono arretrate, troppo. Non è giusto uccidere la moglie a causa della morte del marito, non è giusto bruciare vive donne innocenti perché hanno osato ribattere. Le donne sono persone, al pari degli uomini, e hanno gli stessi diritti. Proprio come l'uomo, hanno il diritto di scegliere chi sposare, o di non sposarsi affatto. Hanno diritto a fare carriera, il lavoro che più piaccia a loro, ed è impensabile che nel 2014, l'era della tecnologia, ci siano ancora queste situazioni nel mondo. Paesi in cui le donne sono libere, hanno la parità dei sessi, e Paesi in cui le donne valgono meno di un animale.Come lacrime nella pioggia è fonte di riflessione su numerosi argomenti. è uno di quei libri concreti, di storie vere, e dal finale vero. Non c'è nessun lieto fine,  nessun "...e vissero felici e contenti", proprio come accade nella realtà. 
Il fine di questo libro è quello di spronare il lettore a fare qualcosa, anche e solo firmando una petizione o facendo una donazione.
* Recensione a cura di Sabrina, per "Tra un libro e l'altro", utente Goodreads-Facebook
(29 luglio 2014)
VOTO: 4/5
Un libro davvero bello, realistico e toccante, non credevo che finisse così, quindi devo ammettere che non è scontato a differenza di come credevo inizialmente, anzi, mi ha stupito, non solo il finale ma anche la forza di Asha aggrappata semplicemente al ricordo dell'amica americana e alla voglia di essere libera, un po' come quegli uccellini che le piacciono tanto.Esso mi ha lasciata senza parole e ha arricchito la mia conoscenza riguardo l'India e le donne che vivono lì, mi piacerebbe se questa voce si diffondesse e spero che queste donne vengano aiutate.Lo consiglio anche a chi non è abituato a leggere un libro di questo genere perché merita davvero.

 * Recensione a cura di Valentina, pubblicata su "Il Portale dei libri" (21 luglio 2014)

Questo romanzo mi ha molto toccato, perchè è una vera denuncia sui diritti delle Donne.
Donne che in alcune zone del nostro pianeta, vengono ancora oggi viste come esseri inferiori. Donne che subiscono soprusi, e violenze di ogni genere. Prive di ogni libertà.
L'autrice ci mostra questi fatti con gli occhi di Sarah, una ragazza americana, che conduce una vita normale per qualsiasi ragazza nata e cresciuta in uno Stato civilizzato. In procinto a sposare il suo fidanzato Abhai, decidono di partire in India, nel paese di origine del ragazzo. Infatti, Abhai arrivato in America da piccolo, conserva solo qualche ricordo sbiadito sul paesino in cui erano nato, così decide di conoscere meglio le sue origini.
Arrivati a destinazione, Sarah rimane incantata dal fascino dei quel Paese, ma terribilmente colpita dall'ostilità nei confronti delle donne. 
In un villaggio retrograda, dove a posto delle case c'erano delle capanne, non esisteva acqua potabile e corrente elettrica, incontra Asha, una ragazzina di quindici anni dal carattere deciso, che vuol far rispettare a tutti i costi  i suoi diritti.
Da qui ha inizio anche la loro amicizia, che le cambierà profondamente, e nessuna delle due sarà più la stessa. Una storia che oltre a denunciare dei fatti che realmente succedono nel mondo, racconta una storia di amicizia e fiducia oltre confine. Perchè Asha nei momenti più difficili riuscirà a rimanere aggrappata alla speranza e alla promessa che Sarah le ha fatto, ovvero che l'avrebbe salvata.
Devo dire che è stata dura in alcuni punti proseguire la lettura, a causa delle scene di violenza molto crude, che dovevano essere descritte per far capire al lettore in che mondo vivono queste donne.  
Quindi consiglio questo romanzo per il messaggio forte che vuole lanciare, e preparatevi perchè scoterà le coscienze e farà comprendere, quando noi siamo fortunate!

* Recensione a cura di Antonella Spezio (utente Goodreads) (15 luglio 2014)
VOTO: 4/5
Ho finito di leggerlo.
Alcuni brani sono veramente "in salita", nel senso che mi hanno lasciato proprio con il fiato corto per la drammaticità.Comunque sono contenta di averlo letto e faccio i miei complimenti all'autrice che, alla sua giovane età, ha avuto la forza di scrivere un romanzo come questo, su un argomento tanto doloroso.Non ho competenze di scrittura, sono solo una lettrice, quindi provo a dare un mio - modestissimo - parere, piuttosto emozionale e non tecnico.Io ero a conoscenza della condizione della donna in India, ma leggere una storia in veste di romanzo, sapendo che è perfettamente verosimile e del tutto realistica, mi ha maggiormente colpito.E forse questo può essere vero anche per altri lettori.Quindi, in questo senso, Sofia è riuscita a scrivere una storia che "arriva", che tormenta e che non si dimentica. Se da un lato spinge a fare qualche piccolo gesto, come quelli che l'autrice suggerisce ai suoi lettori, dall'altra dà anche un grande senso di impotenza.Forse ho questa impressione perché vedo il problema sia come donna che come madre: una delle mie figlie ha l'età di Asha e ha avuto la fortuna di nascere "dalla parte giusta del pianeta", mentre quelle come Asha nascono dalla parte sbagliata...Difficile anche non odiare il maschio, ma la protagonista Sarah ci riesce perfettamente, ed anche per questo il contenuto del romanzo è molto corretto ed equilibrato.Mi è piaciuta la suddivisione in tre parti e sicuramente la seconda narrata in prima persona da Asha amplifica la tensione del racconto.


* Recensione a cura di Chez Alessandra, per il blog "I love books" (4 luglio 2014)
VOTO: 4/5

Sarah è newyorkese, ha ventidue anni e ama viaggiare e scattare fotografie. Asha vive in un villaggio rurale indiano, ha quindici anni e non le è permesso avere passioni: è una donna e come tale la sua opinione non ha alcun valore. I loro mondi sono così lontani da sembrare due galassie diverse, eppure hanno molto più in comune di quello che possa sembrare.
Le due ragazze si incontrano per un periodo molto breve ma l'amicizia che le lega segnerà per sempre le loro vite. 
Sarah decide di accompagnare il fidanzato a visitare prima del loro matrimonio il proprio villaggio d'origine in una remota regione dell'India per conoscere il mondo da cui è venuto. Durante i mesi di permanenza però il inizia a capire quanto il mondo in cui è cresciuta, i propri valori  e le proprie convinzioni siano inconciliabili con questo mondo da cui è rimasta inizialmente affascinata: le donne non possono studiare, devono lavorare e soprattutto non possono scegliere nulla che riguardi la propria vita, matrimonio compreso. Sarah se ne rende conto soprattutto dopo l'incontro con Asha che sta per sposarsi contro la sua volontà con un ragazzo che non ama per scelta del proprio padre padrone.
Per Sarah tutto ciò è inaccettabile e lotta con qualunque mezzo per cercare di cambiare la concezione della donna nel piccolo paese, ma le tradizioni e le concezioni arcaiche non possono essere estirpate, soprattutto da una straniera. 

Il romanzo tocca una delle peggiori tra le gravi piaghe di questo Paese.Ve lo confesso, inizialmente il racconto del viaggio mi è sembrato che ci fossero un po' troppi particolari tecnici ed informativi sull'India e sulla vita di Sarah, tralasciando un po' lo stile assolutamente spontaneo ed emozionale che invece prevale dall'arrivo della coppia nel villaggio. Sicuramente trapela il grande lavoro di documentazione geografica, politica e sociale che ha permesso all'autrice di essere sempre precisa nel racconto. 
Dopo le prime pagine la lettura mi ha completamente assorbita e vi assicuro, l'altalena di emozioni e la curiosità di sapere come la vita delle due donne evolverà è degna di essere paragonata a quella di scrittori con ben più esperienza di questa giovane autrice. Il tema non è sicuramente semplice ma il linguaggio è molto accessibile, anche a chi della situazione non conosce molto e questo è indiscutibilmente uno dei più grandi pregi di questo romanzo.

* Recensione a cura di Silvia Stefani, per il blog "My Bookish Philosophy" (13 giugno 2014)




Il mio commento: Ho appena concluso questo romanzo dopo un bel po’ di ore di lavoro (inutile dire che non sono esausta, di più!), ma ci tenevo a sapere come finiva.

La situazione... Sarah è fidanzata con Abhai, un indiano “americanizzato”, che ricorda poco o niente della sua patria natale. I due partono per un viaggio verso il villaggio, dove Abhai è nato. Una volta arrivati, attraverso gli occhi si Sarah, vediamo come vivono in India e come è difficile per un turista ambientarsi. Diciamo che Sarah non si abitua proprio. Lei capisce che le cose lì vanno male e vuole cambiare il destino degli abitanti del villaggio, in particolare delle donne, che lì non contano niente…



«Troppe donne in India non hanno una vita, non hanno dei diritti… non hanno niente.»





Sarah conosce Asha, che vive a Kailashpur, il villaggio dove Abhai è nato, e ci si affeziona. Le unisce il desiderio per la giustizia, la voglia di lottare. Suo padre vuole costringerla a un matrimonio combinato, ma quando anche Sarah decide di opporsi, le due si ritroveranno a lottare, non solo per la giustizia, ma anche per la propria vita. 


Il romanzo è suddiviso in tre parti. Nella prima e nell’ultima la voce narrante è Sarah. Dapprima scopre un mondo per lei completamente nuovo. È il suo primo viaggio in India e scopre anche il suo lato combattivo. Nell’ultima parte invece Sarah è alle prese con il suo secondo viaggio, a un anno di differenza dal primo. Qui Sarah ha già qualche idea su come funzionano le cose e su come si comportano le persone (gli uomini, appoggiati dal governo corrotto) veramente in India. Si impegna più duramente, e viene anche punita più duramente. Nella seconda parte invece, troviamo Asha, che ci racconta delle sofferenze che è costretta a subire per essersi fidata delle bugie degli uomini del suo villaggio (suo padre compreso). È la parte più forte di tutto il libro, che, a volte, mi è stato difficile leggere.





Le mie emozioni… Mi hanno colpito particolarmente le crude verità che vengono descritte, essendo lì una realtà quotidiana, ma che, attraverso questo libro (e ovviamente anche attraverso le proteste, le associazioni che sono importantissime), impariamo. È stato anche abbastanza triste, soprattutto quando si leggevano le scene di violenza sulle donne, oppure quando le donne indiane con cui parlava Sarah, che non avevano alcuna voglia di ribellarsi. 





«Col tempo avrei scoperto che quasi tutte le indiane hanno gli occhi tristi, quantomeno coloro che vivono a Kailashpur.»



Conteggi finali… È molto bella l’iniziativa di supportare queste cause scrivendo un libro (così si unisce l’utile al dilettevole, no?).
Il libro quindi mi è piaciuto e sono stata molto contenta di poterlo leggere, soprattutto perché non ho mai avuto l’occasione di approfondire quest’argomento. Come ho già detto, queste sono cose per cui, finché non ci toccano di persona, facciamo fatica a preoccuparci. È giusto? Ovviamente no. Però il mondo è pieno di cose sbagliate che capitano e, proprio come Asha e Sarah, bisogna lottare per ottenere un posto equo.





Dal libro: - Chi lo avrebbe mai detto… - sussurrò Asha.
- Che cosa? –
Lei si strinse nelle spalle, ma non alzò la testa.
- Tu ed io… -
Abbozzai un sorriso. Capivo quello che voleva dire.
- Tu sei americana ed io sono indiana – continuò comunque Asha – e adesso ci siamo trovate.
Tu hai ventidue anni ed io quindici, ma questo non è un problema. In effetti niente è un problema per
noi, le nostre culture diverse, le nostre abitudini diverse… anzi, è bellissimo. Adoro scoprire nuove
cose e tu… Sadie, tu mi hai aperto gli occhi. Tu stai facendo vivere la speranza dentro di me.–







* Recensione a cura di Veronica, Goodreads (12 giugno 2014)
VOTO: 5/5
VAI ALLA RECENSIONE
Questo libro ha suscitato in me tantissime emozioni. È uno dei più bei libri che io abbia mai letto. Una vicenda che narra con magistrale limpidità, ciò che le donne subiscono quotidianamente in India. Soprusi, violenze fisiche e carnali, abbandono, privazione, abnegazione. Il tutto intriso nel filo conduttore di un'amicizia che agli occhi di molti poteva apparire impossibile a causa delle estreme diversità, ma che in realtà è così pura, forte, sincera ed unica come raramente si vedono. La determinazione, il coraggio, la voglia di non arrendersi mai. se poi i sogni. Quei sogni che Asha e Sarah non vogliono che si perdano come lacrime nella pioggia. Ed io sono certa che non si perderanno mai.

* Recensione a cura di Miriam Viola, per il sito "Bookanieri" (5 giugno 2014)


La storia ha per sfondo l’India dei nostri giorni, ma l’autrice si sofferma su una parte del paese non molto conosciuta dai turisti e poco o per nulla trattata dai libri di geografia.
Sara, la prima delle due protagoniste, è una newyorkese di ventuno anni, il suo fidanzato, Abhai, è di origine indiana e insieme decidono di partire per un viaggio, alla scoperta del villaggio in cui lui è nato. Nessuno dei due immagina quali eventi si succederanno in seguito alla loro visita, e quali cambiamenti avverranno nelle loro stesse vite.
Kailashpur è il villaggio in cui trovano alloggio, un posto remoto, dove le abitazioni sono capanne e in cui le donne non hanno diritto di parola e di decisione. Sara si abitua a tutto, non si lamenta per le difficili condizioni di vita, la mancanza di igiene e le rigide regole di comportamento che le vietano di abbracciare e baciare liberamente il suo ragazzo. Unica cosa che non riesce a comprendere e ad accettare è il ruolo sottomesso che le donne hanno in quel paese.
Questa insofferenza si acuisce nel momento in cui Sara incontra Asha, una bellissima quindicenne del villaggio, venduta in sposa dal padre, insensibile ai veri desideri della figlia. Le due ragazze si trovano subito in sintonia, né la differenza di età, né le diverse origini sembrano dimostrarsi un ostacolo alla loro amicizia.
Sara ama viaggiare e immortalare i momenti più belli con la sua macchina fotografica. Asha vorrebbe continuare a studiare e trovare un lavoro, magari in una grande città dell’India, è una sognatrice e si lascia incantare dai racconti della nuova amica.
Di fronte a una personalità così bella e forte, in Sara nasce il desiderio di essere d’aiuto: si schiera dalla parte dell’amica e inizia, dentro di lei e nei confronti del villaggio indiano, una lotta a favore delle donne.
L’ottimismo della giovane età e forse un pizzico di ingenuità spingono la ragazza a fronteggiare gli uomini di Kailashpur, a denunciare senza mezzi termini il loro comportamento, finendo per ricevere minacce e rischiare la propria vita. Asha affida tutte le proprie speranze all’amica, trovando in questa alleanza la forza per resistere e non perdere la speranza, nemmeno nelle situazioni peggiori.
Un romanzo ben scritto, forse con qualche ripetizione di dinamiche, ma che lascia intravedere la cura dell’autrice nel raccogliere informazioni e nel trattare un tema, tanto importante quanto difficile, come quello dei diritti della donna in India.
Perché non posso tornare al mio villaggio? Perché non posso avere dei diritti? Perché non posso scegliere dove andare o che cosa fare? Perché non posso più studiare?

Con queste parole Asha esprime tutto il suo senso di ingiustizia, riuscendo a raggiungere la sensibilità del lettore e a far nascere anche in lui il desiderio di essere d’aiuto.
Sofia Domino offre un’opportunità: rende disponibile gratuitamente il suo romanzo, chiedendo ai lettori una donazione a Amnesty International, che si occupa dei diritti delle donne. Ha inoltre lanciato una petizione su Change.org a favore della condizione femminile in India.
A volte un libro può dare più di una semplice storia.


* Recensione a cura di Damiana, Goodreads (5 giugno 2014)
VOTO: 5/5
VAI ALLA RECENSIONE
La storia raccontata in questo romanzo è splendida e terribile al tempo stesso, toccante ed emozionante. Non c'è nulla d'inventato, sebbene il libro sia frutto della fantasia dell'autrice: è tutto vero, tutto reale e sta accadendo in questo preciso momento, anche mentre scrivo questa breve recensione, a migliaia di donne indiane. E' un romanzo che definirei "necessario", per far conoscere le condizioni in cui sono costrette a vivere le donne dell'India, ancora oggi che siamo nel 2014.5 stelle sono troppo poche per quest'opera, ne meriterebbe molte di più!

* Recensione a cura di Manuela Dicati, per il blog "Il Forziere dei Libri" (1 giugno 2014)


VOTO:





Sarah è una ragazza come tutte noi: 22 anni, spensierata, con i suoi sogni, le sue passioni e i suoi obiettivi da realizzare e un ragazzo, Abhai, di cui è innamorata e che sta per sposare. Proprio per amore di Abhai, volendo conoscere le sue origini, decide di accompagnarlo in un viaggio in India, nel remoto villaggio nel quale il ragazzo è nato. E qui Sarah si scontrerà con un Paese bellissimo e affascinante, ma terribilmente arretrato e ostile alle donne, chiuso nella sua mentalità retrograda. In questo villaggio rurale dell’India, sperduto, con capanne al posto delle case, senza mezzi di trasporto, acqua corrente, elettricità e con poco da mangiare, Sarah conoscerà Asha, una ragazzina di 15 anni, dolce, appassionata e combattiva, che non vuole abbandonare i suoi sogni e desidera in tutti i modi poter vedere rispettati i propri diritti, in un Paese in cui le donne non valgono nulla.

Inizio col dire che questo è un romanzo con personaggi ed episodi inventati, ma che tratta fatti veri, che accadono tutti i giorni, anche in questo stesso momento. Il libro di Sofia Domino è un bel libro di denuncia sulla totale mancanza di diritti delle donne in India, soprattutto nei villaggi rurali. Una realtà che c’è, esiste e non in un mondo parallelo, ma nel nostro, nel 2014. Per comodità e menefreghismo, continuiamo a ignorarlo e a tenerlo a distanza, facendo finta di non vedere. Beh, non è possibile chiudere gli occhi dopo aver letto “Come Lacrime nella Pioggia”. La cronaca stessa, fortunatamente, porta sempre più spesso alla luce le ingiustizie, le atrocità, le violenze a cui le donne indiane vengono sottoposte ogni giorno della loro vita. E Sofia Domino, ha preso spunto da tutto questo per scrivere il suo romanzo.

Non lo nascondo, in certi punti ho veramente faticato ad andare avanti nella lettura. Non perché la storia fosse brutta o poco avvincente, al contrario, proprio perché ti affezioni alle due protagoniste e a ciò che accade loro. In determinati momenti quindi, mi sono dovuta prendere una pausa per la crudeltà e per la violenza di alcune scene, a volte raccontate troppo dettagliatamente e ripetutamente. Umiliazioni, minacce, percosse, stupri, questo è ciò che ci viene presentato. E il sapere che è tutto vero, rende la cosa ancora più difficile da digerire.
In un Paese come il nostro, in cui la donna ha quasi tutti gli stessi diritti dell’uomo ( quasi tutti perché è inutile raccontarci menzogne: basta vedere la situazione lavorativa per sapere che le donne ancora non sono trattate al pari livello dei colleghi uomini), può sembrare esagerato, se non fantascienza ciò che ci viene presentato in questo romanzo. Purtroppo non lo è.

La storia di Sarah e Asha mi ha colpita profondamente, mi ha lasciato il segno, mi ha turbata, commossa, fatta arrabbiare, a maggior ragione in quanto donna. Non che le ingiustizie e le atrocità non esistano ovunque, ma vedere che le donne, tutte le donne, dalle bambine alle madri, vengono considerate meno delle bestie solo in quanto femmine, è agghiacciante.

Sarah mi è piaciuta fin da subito. Forse l’ho trovata un po’ ingenua e superficiale, soprattutto all’inizio, ma ne ho ammirato molto la determinazione, la lealtà, il coraggio e la perseveranza. Non si arrende mai, in nome della giustizia e dell’amicizia.
Asha mi ha conquistata. La sua vivacità, freschezza, dolcezza e voglia di vivere, ma soprattutto la sua forza, anche nei momenti disperati, anche quando sembra non avere via d’uscita dall’Inferno in cui si trova intrappolata. Ha un unico appiglio e speranza e vi si aggrappa con tutta se stessa: il ricordo di Sarah e dei bei momenti passati insieme, nonché la promessa, che la ragazza le ha fatto, di andarla a salvare. La sua fiducia in Sarah è incrollabile.
Perché questa è anche la storia di una stupenda amicizia, in cui due anime affini s’incontrano e si legano, pronte a tutto l’una per l’altra, persino a dare la propria vita. Il reciproco incontro cambierà le loro esistenze, le arricchirà, le sconvolgerà e nessuna delle due sarà più quella di prima.
Menzione speciale merita il personaggio di Abhai. L’ho adorato. Una presenza davvero positiva. Sensibile e comprensivo, innamorato, dolce, ma allo stesso tempo determinato, protettivo e sicuro di sé. Veramente una bella spalla e un perfetto compagno per Sarah, che in lui trova appoggio, forza e conforto nei momenti di debolezza (...)



Consiglio vivamente il romanzo, ma consiglio anche di prepararsi a una lettura in parte cruda e pesante, a causa del tema trattato e dell’intento di denuncia.




* Recensione a cura di Sara Lucchini, Goodreads (28 maggio 2014)
VOTO: 5/5
Questo libro mi ha emozionato tantissimo. E' stato il primo libro che ho letto su questo genere e non pensavo potesse piacermi così tanto. La storia di Sarah e Asha è bellissima e terribile allo stesso tempo.Questo libro racconta di un lato nascosto dell'India che pochi conoscono in modo semplice ma esauriente facendo capire la vera situzione delle donne Indiane. Il libro ti rapise dall'inizio alla fine ed è difficile smettere di leggerlo.

* Recensione a cura di Silvia Cortese per il blog "Bellamente Libera" (21 maggio 2014)


Preparate le valigie e armatevi di tanto, ma davvero tanto coraggio, perché il nuovo romanzo di Sofia Domino vi porterà nei recessi più remoti dell’ India!
Dimenticatevi l’India delle meraviglie, dei colori, dei sapori, degli odori, della spiritualità, dei monumenti e dei templi. Quella che scoprirete in “Come lacrime nella pioggia” è l’India della povertà, dell’ignoranza, dell’arretratezza, ma soprattutto della violenza e dei soprusi sulle donne. Ed è proprio questo il tema centrale del romanzo: la indicibile condizione femminile in questo Paese.
Le protagoniste che incontrerete lungo il viaggio sono Sarah Peterson, una ventiduenne di New York e Asha, una quindicenne indiana. 
 Sarah è fidanzata con un ragazzo indiano di nome Abhai, e prima del matrimonio, desidera conoscere il luogo d’origine del suo futuro sposo. La coppia parte dunque per l’India,  precisamente per Kailashpur, un piccolo villaggio che non conosce la modernità e il mondo al di fuori dei suoi confini.
Lì Sarah fa la conoscenza di Asha e scopre una realtà sconvolgente, una verità che la cambierà per sempre. A Kailashpur una donna vale meno di niente, e tutta la sua vita è regolata dal volere degli uomini della famiglia, dal padre al marito.
Asha, infatti, nonostante la sua giovane età, è prossima ad un matrimonio combinato e forzato. Sarah, inorridita, prende immediatamente a cuore la causa di Asha e delle altre ragazzine indiane che si trovano nella medesima situazione, e cerca di fare il possibile per cambiare le cose, per far ragionare quella gente che non attribuisce nessun valore alle donne. Questo è solo l’inizio della lunga battaglia di Sarah e del calvario di Asha, che verrà venduta con l’inganno dalla sua stessa famiglia a dei violenti aguzzini, solo perchè si rifiuterà di sposarsi.
La ragazzina indiana verrà picchiata, violentata e sottomessa in tutti i modi possibili, e vivrà nell’attesa e nella remota speranza che Sarah arrivi a salvarla.
 L’autrice mette in luce una triste realtà dei giorni nostri, una realtà spesso ignorata e messa in secondo piano rispetto alle attrattive turistiche dell’India.
Come Sofia Domino stessa dichiara nel suo libro: oggi una ragazza non può nascere in un Paese peggiore dell’India, perché nascere donna in India equivale a una vera e propria condanna.
 Fortunatamente qualcosa si sta muovendo e numerose associazioni si stanno battendo per le donne indiane. Vi invito a leggere questa storia, non solo per scoprire se Asha verrà salvata e se Sarah riuscirà nella sua battaglia, ma anche per prendere coscienza della realtà di questo Paese e del contributo che voi stessi potrete dare per aiutare le donne dell’India. Non vi resta che mandare una mail a Sofia Domino e richiedere questo suo meraviglioso e travolgente romanzo. Namastè.



* Recensione a cura di Angela Iacoviello per il blog "Chicchi di pensieri" (20 maggio 2014)



Non è semplice parlare di un libro che ti ha scosso, per la tematica trattata e per la realtà presentata.
Realtà di donne giovanissime ma costrette, da uomini senza scrupoli e dalla mentalità chiusa e gretta, a crescere troppo in fretta e a ritrovarsi rassegnate ed infelici, senza poter capire perchè.
O meglio, il perchè viene loro spiegato con poche, semplici ma dure parole: "Sei donna, non vali niente, è l'uomo che decide per te e a lui devi obbedire".

Per noi ragazze europee (e non solo) questo modo di fare e vivere sembra inconcepibile, tanto è ingiusto!


Ed anche per Sarah Peterson, 22enne newyorkese, lo è.
Sarah ha il sogno di diventare fotografa ed ama viaggiare; proprio per questo decide di accompagnare il fidanzato Abhai in India, a Kailashpur, lì dove lui è nato, dove ha perduto la madre (della quale serba pochi e nebulosi ricordi) ma da dove è partito ancora piccolo, insieme al padre.

Il viaggio in India diventa l'occasione per immergersi appieno nell'atmosfera esotica ed affascinante del Paese d'origine del dolce, innamorato e gentile Abhai, ma Sarah non ha la più pallida idea di cosa i suoi occhi vedranno, le sue orecchie sentiranno e il suo cuore proverà, recandosi nello sperduto e poco conosciuto villaggio di Kailashpur.
Qui la modernizzazione - a differenza che in altri luoghi - non è arrivata e gli uomini del villaggio neanche la vogliono.
Essi vogliono continuare a vivere nelle proprie capanne e soprattutto vogliono continuare ad essere i padroni delle loro donne!
Donne che, a prescindere dall'età e dal ruolo di madre o figlia, valgono meno delle bestie; donne il cui destino, dalla nascita (sempre che non vengano uccise subito proprio perchè femmine!), sarà unicamente quello di essere schiave, ora del padre, ora del marito, e comunque sottomesse ad ogni uomo della comunità.
Donne che non conoscono la gioia di essere trattate con rispetto, con delicatezza, che non sanno cosa voglia dire la parola amore, da parte degli uomini-padroni.

Donne che da una vita vedono le proprie madri essere tristi e sottomesse e che sanno che è ciò che spetta loro, quando ancora sono adolescenti.
E Sarah tutto questo lo scoprirà giorno per giorno e per una giovane come lei, combattiva e con un gran senso della giustizia, queste terribili scoperte non potranno scivolarle addosso.


Il pensiero "Sono qui in vacanza, per un viaggio temporaneo, tra qualche settimana io e il mio amorevole fidanzato lasceremo questo posto dimenticato da tutti, in cui le donne come me vengono picchiate ed umiliate ogni minuto, e torneremo alla nostra vita moderna, dove le donne sono libere di studiare, far carriera e sposare chi vogliono!".





Sarah avrebbe potuto pensare questo e credere, legittimamente (?) che non avrebbe potuto, in poco tempo, ergersi a paladina della giustizia e risolvere i problemi delle donne indiane.




Ma l'incontro con una di loro, con la piccola e dolce 15enne Asha, si infilerà nella sua coscienza, nel suo cuore, nella sua mente e la obbligherà  a chiedersi cosa e quanto può fare lei per ragazze come Asha.











Asha, con la sua innocenza, la sua purezza, i suoi capelli neri che brillano al sole, i suoi scuri e profondi, la sua sari colorata che svolazza nel vento.




Lo stesso vento nel quale lei vorrebbe potersi librare, libera come un uccello che ha il diritto di decidere dove posarsi!
Ma suo padre Padm e la famiglia del suo "promesso sposo" Saurhab hanno deciso per lei in quale gabbia rinchiuderla e il destino della ragazza sembra deciso.
Eppure, nel suo cuore comincia a brillare una fiammella di speranza: la speranza che sia possibile ribellarsi alle decisioni che altri hanno preso al posto suo e che anche per lei (e le altre donne) sia possibile poter scegliere, decidere cosa fare di se stesse.
E sarà proprio Sarah ad incoraggiare la piccola e dolce Asha a non avere paura, a combattere per la libertà, per difendere la propria dignità, i propri sogni, perchè se in altri luoghi del mondo le donne hanno la stessa dignità degli uomini e sono ad essi paritarie, forse, pian piano ed insistendo, anche in India sarà possibile portare quest'aria di cambiamento.



Ma combattere contro secoli di tradizioni chiuse e grette e contro uomini ottusi e prepotenti non sarà affatto semplice e Sarah ed Asha lo sperimenteranno sulla propria pelle....



In un susseguirsi di vicende drammatiche, molto forti, capaci di risvegliare nel lettore tante emozioni davanti alle ingiustizie e ai soprusi che delle ragazze innocenti devono subire, seguiamo la storia d'amicizia profonda tra Asha e Sarah, chiedendoci fino alla fine se riusciranno a vincere la loro battaglia verso la libertà, se le sofferenze e le umiliazioni di ogni genere potranno essere "ripagate" e se anche per donne come Asha esistono delle speranze.



L'Autrice ci immerge in modo molto realistico, con un linguaggio pulito, accurato ed essenziale, nella realtà del piccolo villaggio indiano, facendoci avvicinare alle usanze del posto (i piatti tipici e semplici, gli abiti, le abitazioni...) e alla mentalità, e degli uomini e delle povere donne.
L'Autrice ci lascia scrutare nel profondo dei loro occhi tristi e rassegnati e ci fa porre la domanda: "Ma è possibile che esistano ancora queste realtà e che non si possa far nulla per cambiarle?".



Sentiamo fortemente il contrasto del rapporto sentimentale che lega Sarah con Abhai, basato sull'amore e sul rispetto reciproco, con quello cui andrà incontro la piccola Asha, indifesa e spaventata, al cospetto di esseri senza pietà, senza affetti e senza scrupoli.



Commuove l'amicizia sincera e forte tra le due ragazze, le cui diversità (di cultura, d'età ecc...), non impediranno loro di essere un sostegno ed una forza l'una per l'altra, trovando nel reciproco affetto il motivo per andare avanti, per continuare a non rassegnarsi.
Perchè la rassegnazione può essere una delle conseguenze più brutte cui Asha (e le ragazze come lei) può andare incontro, a causa della cattiveria degli uomini che incontra; perchè quel sentimento ti toglie la speranza, la voglia di credere che le cose possano cambiare e migliorare.



La tecnica narrativa di intervallare i punti di vista delle due donne è molto efficace, perchè lascia al lettore la possibilità di vedere da vicino le cose con i loro occhi, ricavandone un quadro completo della loro personalità.



Ammetto che la parte raccontata in prima persona da Asha è davvero emotivamente molto forte e non mi hanno lasciata indifferente, anzi ho quasi sofferto con lei, soprattutto perchè mi rendevo conto che quelle brutture accadono davvero!!



La risposta alla domanda "La battaglia coraggiosa di Sarah ed Asha avrà i suoi frutti? Riusciranno a portarla avanti e ad aprire uno spiraglio di speranza per le donne indiane?" la lascio a voi lettori, se deciderete di approcciarvi a questo libro (...)



E proprio in un cielo oscurato dall'ignoranza e dalla crudeltà di uomini che cercano di spazzar via sogni e desideri di anime innocenti, come lacrime che si confondono con le gocce di pioggia e che nessuno rischia di notare ed asciugare, pure il coraggio, la speranza, i sentimenti di amicizia e amore incondizionati riescono a brillare ancora più forte, come stelle che nessuno può spegnere.




* Recensione - in anteprima - a cura di Enrico Cardillo per il blog "Recensioni, libri e tv"
 (18 maggio 2014)



Anche questo libro affronta delle scottanti tematiche umanitarie, ma, rispetto al precedente, è più legato all'attualità e al mondo di oggi. Ma un mondo però, che appare lontano da quello in cui viviamo noi italiani: è l'India. Un paese carico di mistero e di fascino, ma anche purtroppo, di violenza, corruzione, assenza di diritti: "il Paese peggiore in cui nascere donna", scrive l'autrice nella sua presentazione. 
Su questo scenario si muove la storia di due ragazze, appartenenti a due mondi diversi e a due culture del tutto differenti: Sarah, 22 anni, americana, appassionata di viaggi e di fotografia, e Asha, 15 anni, venduta come sposa da suo padre. Per una serie di eventi le due ragazze si incontrano e si trovano a vivere una straordinaria esperienza di amicizia e di crescita personale. Asha infatti non vuole sposarsi, e Sarah proverà, con tutta la sua forza, il suo carattere, la sua decisione, ad aiutarla!
Il testo procede in modo dinamico e veloce, e si carica di  tensione quando Asha scompare misterosamente. E ci offre un quadro probabilmente molto realistico della cultura indiana di oggi. Per questo mi sento di consigliarlo
Di seguito, riporto la trama così come indicata dall'autrice.
Il testo, come ho detto, si può scaricare gratuitamente, però Sofia Domino invita i lettori a fare una piccola donazione, "anche una somma piccolissima", ad Amnesty International, che da anni si occupa dei diritti delle donne, oppure a firmare la petizione da lei lanciata su Change.org".

* Recensione - in anteprima - pubblicata sul blog "Amici di carta" (9 maggio 2014).
Attenzione: la recensione contiene degli spoiler.


VOTO: 3/3

Il romanzo è diviso in tre parti. La prima racconta il viaggio di Sarah chiamata Sadie e del fidanzato indiano che partono da New York dove vivono per recarsi in un paese sperduto dell' India paese natale del suo futuro marito. La ragazza nota subito le differenze rispetto all'America da dove proviene e si ritiene molto fortunata ad avere accanto un ragazzo che se pur indiano la rispetta e la supporta nelle proprie scelte. In questo paesino infatti le donne sono sottomesse ai mariti, non possono prendere nessuna decisione autonomamente e non possono fare niente senza il consenso degli uomini del villaggio. I due fidanzati sono ospiti di un cugino di lui che vive in una capanna con la moglie e i due figli. Durante un' uscita alla scoperta del luogo, Sarah incontra Asha, un'indiana di 15 anni molto bella ma dallo sguardo triste, molto determinata a non lasciarsi sottomettere alle leggi del luogo.  E' narrata direttamente da Sarah in prima persona e si conclude con il ritorno a New York e la promessa di un ritorno per aiutare l'amica e le altre donne per ottenere gli stessi diritti degli uomini. La seconda parte è raccontata dal punto di vista di Asha che ribellandosi al futuro suocero e marito, con l'inganno, viene portata in una città dell' India con la promessa di un lavoro. La ragazza viene invece picchiata e stuprata costretta a vivere rinchiusa in una stanza al buio con molti uomini che abusano di lei. Questa è la parte pià triste del romanzo in cui l'autrice descrive molto bene le condizioni di queste donne che per non essere maltrattate e picchiate dovevano subire ogni tipo di violenza rinnegando la propria libertà e assecondare sempre i mariti - padroni: se provano a ribellarsi vengono picchiate e nel peggiore dei casi come capita ad Asha sono costrette a prostituirsi. La terza parte si apre con il ritorno di Sarah ormai sposata, in India che riprende così in prima persona il racconto. Viene narrata molto bene la disperazione e lo sconforto che prova alla scoperta di tutto quello che ha dovuto e sta subendo l'amica. Una parte molto intensa in cui Sarah vivrà nella continua ricerca della verità cercando in tutti i modi di ritrovare Asha e di aiutarla a fuggire.

* Recensione - in anteprima - a cura di Sorbera Silvestra (6 maggio 2014)

Dell’autrice ho già letto il primo libro “Quando dal cielo cadevano le stelle” e, adesso, in anteprima, leggo il secondo lavoro. La prima volta sono rimasta affascinata, questa volta sapevo già cosa aspettarmi e, le mie aspettative non sono state deluse. Il testo è bellissimo, linguisticamente ineccepibile, si legge con piacere anche se il tema trattato è attuale e drammatico. Come per il primo testo è tangibile lo studio che l’autrice cela dietro ogni parola del libro. Vi segnalo il testo oltre che per la sua bellezza anche per la causa ovvero, il romanzo, disponibile dal 19 maggio, sarà fruibile in maniera gratuita, l’autrice però ha attivato una petizione per aiutare le donne sfruttare. Per avere il testo è necessario scrivere all’autrice all’indirizzo sofiaromanzo@yahoo.it, è possibile inoltre firmare la petizione su Change.org, e a donare ad Amnesty International.

QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE
* Recensione a cura di AngelaR, per Un buon libro (16 aprile 2015)
VAI ALLA RECENSIONE
Roma, 1943.
Lia è una ragazzina è una tredicenne come tante, ama la scuola ed i suoi compagni, ma soprattutto ama sognare e ama vivere.
L’unica cosa che la obbliga ad essere diversa è la sua religione: ebrea. Da tempo vive insieme alla sua famiglia confinata in una cantina per cercare di sfuggire alle prime leggi razziali che hanno fatto perdere il lavoro da agente di commercio al padre.
Ma Lia continua a sperare che le cose cambino, che la pace torni di nuovo nelle strade della sua amata Roma e che lei e la sua famiglia possano tornare a casa da persone libere. Intanto la vita nella cantina prosegue in silenzio e in alcuni rari momenti possono permettersi qualche contatto col mondo esterno. Inizia così la corrispondenza tra Lia e Hadas, un altro ragazzino ebreo costretto alla clandestinità con la sua famiglia. Un pò di luce inizia a brillare nella vita dei due adolescenti fino a far sbocciare un grande e tenero amore.
Invece tutto crolla il 16 ottobre 1943, quando i tedeschi compiono uno spietato rastrellamento nel ghetto ebraico di Roma. Per Lia e la sua famiglia è l’inizio di una tragedia senza fine: Auschwitz.
Lia conoscerà il freddo, la fame, le umiliazioni e dolori fisici e psicologici inimmaginabili, perdendo la sua idendità e la sua dignità… Ma continuando a sperare in una vita libera da tutte queste atrocità senza senso: le basta trovare uno spiraglio per vedere il cielo con tutte le sue infinite stelle per continuare a sperare.
Lia con forza e coraggio cerca di far sopravvivere i resti della sua famiglia all’interno del campo, perchè nonostante tutto la voglia di vivere c’è e non vuole far vincere il nemico per nessun motivo al mondo.
Sofia Domino ci racconta la storia di una famiglia ebrea i cui componenti vivono la deportazione in modo diverso: Lia piena di ottimismo e voglia di vivere; il fratello maggiore Tommaso che non nasconde il dolore di aver interrotto la sua storia d’amore con una ragazza cristiana; i genitori Daniele e Giuditta che non si illudono nella fine della guerra mostrando scetticismo e pessimismo; la nonna Myriam, che come Lia ama la vita e riesce a portare un pò di conforto ai suoi cari essendo sopravvissuta ad un’altra terribile guerra. Infine il piccolo della famiglia, Chalom, che con i suoi cinque anni è ancora innocente, non sa spiegarsi come mai non possa giocare con gli altri bambini e pone domande a cui gli adulti non sanno rispondere proprio per la loro semplicità e innocenza.
E conosceremo tante altre persone che non si sono abbattute di fronte alla guerra e che hanno cercato di aiutare numerose famiglie ebree.
Nonostante io abbia letto numerosi libri che parlano della Shoah e dei campi di sterminio, ancora non mi capacito della crudeltà che milioni di persone hanno dovuto subire solo per le loro differenze culturali e religiose.
Ammiro il grande lavoro di ricerca della scrittrice che ci riporta i fatti fedelmente portandoci in una Roma distrutta dalle atrocità della guerra. Il suo lavoro ci aiuta a non dimenticare il passato per poter apprezzare la vita con le sue semplici e piccole gioie che spesso oramai non sappiamo più riconoscere come tali: a volte basta guardare un cielo stellato o sentire i caldi raggi del sole per sentire dentro di sè la gioia di vivere.
E alla fine ci troviamo a fare il tifo per questa dolcissima ragazza, perchè possa continuare a vivere e realizzare il suo grande sogno: diventare dottoressa e aiutare così le persone a superare malattie e dolori.
Buona lettura!

* Recensione a cura di Eleonora Castellano, per il suo sito ufficiale (16 settembre 2014)
VAI ALLA RECENSIONE


“Quando dal cielo cadevano le stelle” (2014, pp 496) è un titolo che a me ha fatto pensare, di primo acchito, le stelle cadenti di mezzo agosto e, di conseguenza, i desideri nascosti che prendono forma nella mente di coloro che assistono allo spettacolo notturno. Invece... Invece. Le stelle a cui l'autrice, la giovane Sofia Domino, fa riferimento sono le stelle di David ricamate, per così dire, sulle casacche a righe destinate agli ebrei deportati nei campi di concentramento.

Quando dal cielo non cadranno più le stelle sulle divise sdrucide degli ebrei, quando sulla volta celeste tornerà a brillare la luna piena per tutti e il mondo non sarà più un inferno, allora la vita si manifesterà per quel che è: meravigliosa. Di questo è fermamente convinta Lia, la giovanissima protagonista ebrea di un romanzo/saggio, ed è questa certezza che la sorregge anche nei momenti più terribili e disumani della sua esistenza. Lia lotta e sopporta, si schiaccia sotto il peso delle torture e dell'umiliazione più bieca, ma si rialza sempre, fino alla fine, desiderosa di vivere, sognare, amare.

Il romanzo ha una mole piuttosto imponente eppure non stanca. Le prime cento, centocinquanta pagine seguono un ritmo lento, ci mostrano la vita disagiata e piena di sacrifici nei vari nascondigli a Roma (la cantina, il ripostiglio, la soffitta, il monastero) e a tratti il racconto sembra monotono. Si tratta solo di una strategia per indurre il lettore alla consapevolezza di ciò che una vita così monca può suscitare. Gli eventi cominciano poi a susseguirsi con un ritmo sempre più incalzante: il 16 ottobre 1943 la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo e Lia e la sua famiglia vengono deportate. Ci ritroviamo al centro degli orrori, di Auschwitz e di altri lager.
In passato ho letto altri racconti sul tema dell'olocausto, ho visto documentari agghiaccianti e ascoltato le storie dalla diretta testimonianza di sopravvissuti a tale barbarie. Eppure, il romanzo di Sofia Domino mi ha letteralmente raggelata, nonostante fosse estate inoltrata. Conoscere certi particolari raccapriccianti attraverso la narrazione di vicende che riguardano personaggi a cui ci si è man mano affezionati (e che si sa benissimo: rappresentano persone realmente esistite) ha un impatto violentissimo sulla psiche.
Nei giorni in cui mi sono cimentata in questa lettura così dolorosa, mi sono sorpresa a domandarmi con rabbia come sia possibile che milioni di tedeschi siano arrivati a nutrire un tale odio antisemita e alcune migliaia di essi a perpetrare torture al di sopra di ogni immaginazione, anche sui bambini, sui neonati, sulle donne incinte, sui gemelli. Come è possibile?? Ho letto da varie fonti le diverse motivazioni, di ordine religioso, politico, culturale, psicologico. Non basta. Non posso accettare questo orrore e mi chiedo come abbiano fatto i tedeschi a operare una così eclatante rimozione collettiva. Addirittura alcuni sono arrivati al negazionismo: lo Shoa non è esistito! Quella cattiveria e la disumanità dei massacri sono solo frutto dell'immaginazione!...
C'è ancora molta cattiveria in giro per il mondo: continuiamo ad assistere impotenti a stermini, decapitazioni e torture. Quando finirà tutto questo?
Il romanzo di Sofia è ricco di Storia, di dettagli e di verità. Di odio e di amore. Di sofferenza, perdono e umiltà. Il lettore attento soffre, medita, s'interroga. Si tratta di una lettura che consiglierei vivamente a tutti, ma forse è giusto mettere in guardia: se non ve la sentite di leggere un romanzo così toccante, lasciate perdere.



* Recensione a cura di Sarah Grisiglione, per "La Biblioteca dei Libri Ritrovati" (13 agosto 2014)
VAI ALLA RECENSIONE

Il libro tratta un tema tristemente conosciuto come quello dell'olocausto ma è il linguaggio attuale, ricco di sfumature, dai dialoghi immediati e calzanti sui diversi personaggi. L'autrice è una ragazza come voi che ha voluto dar voce a fatti storici che hanno segnato la prima parte del '900 per ricordare ai lettori che in ciascuno di noi può nascondersi il lato oscuro, che la storia può ripetersi e che dobbiamo ricordare per evitare che simili atrocità possano ripetersi ancora!

* Recensione a cura di Jaqueline, per il blog "Welcome to the city of bones" (5 agosto 2014)
VOTO: 4/5
VAI ALLA RECENSIONE



"Quanto era lontana la libertà? 

Forse non molto ma lei non poteva farne parte."




Lia è una ragazzina ebrea. Lei ha la passione per la vita ed è piena di speranze. Riesce sempre a vedere il lato positivo delle cose anche quando queste a volte volgono al peggio. Ma lei sa benissimo che là fuori -fuori dalla cantina in cui è segregata con la sua famiglia- la vita è meravigliosa. Da anni ormai vive lì dentro per sfuggire alle persecuzioni razziali. Ma un giorno lei e la sua famiglia sono costretti ad andarsene, riuscendo a trovare un altro nascondiglio temporaneo. Fino a quando una famiglia cristiana decide di ospitarli nella loro soffitta. Nella soffitta vive già una famiglia di ebrei di cui fa anche parte Hadas, il ragazzino con il quale Lia ha avuto una corrispondenza. I due finalmente, dopo tante lettere scritte, si conosceranno. Ma ben presto le due famiglie sono costrette a cambiare nascondiglio, trovando rifugio in un monastero. Ma le cose si mettono male quando i tedeschi iniziano a sparare per le strade di Roma in cerca degli ebrei. La famiglia di Lia e quella di Hadas verranno scoperte e deportate nel campo di Auschwitz.
Là dove tutti perdono il loro nome, la loro dignità.


"Certo quella cantina era claustrofobica, da tre anni viveva nel solito posto, ma non si era dimenticata che fuori c'era il mondo e non avrebbe permesso alla guerra di distruggere la sua vita. Oltre la guerra c'era il destino e nel passato, nel presente e nel futuro c'era la vita. E lei voleva disperatamente farne parte."

Dovete leggerlo. Fa venire i brividi.
Fa venire i brividi per la sua verità, è un libro straziante. Lia stanca di tutto, non si sentirà mai a casa e avrà gigantesca fame di vita. La guerra non concede nulla. Non concede di vivere davvero.
Le persecuzioni, gli stermini, la fame, i lavori disumani a cui venivano sottoposti gli ebrei, il freddo, le umiliazioni non faranno mai perdere la speranza a Lia. Lei guarderà il cielo ogni volta che penserà di non farcela. E ogni volta che lo guarderà si renderà conto che la vita è bellissima dietro quel filo spinato che la rende schiava. Lia continuerà a sperare nella fine della guerra, nella fine del dolore fino alla fine. Lei vivrà per i suoi cari che non ce l'hanno fatta. E anche se forse Lia non riuscirà a veder finire la guerra, è felice perchè magari qualcun'altro potrà farlo al posto suo.
"Comunque sono certa di cos'altro vorrò fare dopo la guerra: vorrò vivere"
Straziante ma davvero molto bello. Un libro per non dimenticare.
 

  "Nonna…"

 "Cosa?"corrugò la fronte quest’ultima.                                                           

"Non credi che le stelle siano fatte per stare in cielo e non sui vestiti?" le chiese     Chalom."

* Brevi recensioni/commenti di lettori-utenti per la rubrica "Voce ai Lettori", sondaggio per "Quando dal cielo cadevano le stelle" su Book Magazine Essential (4 agosto 2014)
VAI ALLE RECENSIONI


Rubrica: VOCE AI LETTORI

Immagine
Risultato Sondaggio & Commenti Pervenuti

"Venite a leggere la mia recensione di questo bel libro sul blog Le Tazzine di Yoko."
(Strega del crepuscolo)

"Molto bello" (Sara Lucchini)
- "Mi sono imbattuta in questo libro per caso, l’ho letto con passione anche perché l’autrice è molto giovane ma si è immersa in un mondo a lei lontano ed è riuscita a compenetrarsi totalmente nell’animo della protagonista. Un dramma che non deve essere dimenticato e che, con delicatezza viene proposto, un libro, a mio avviso, oltre che di semplice lettura anche da utilizzare a scopo didattico"
(Silvestra Sorbera)
- "Vi invito a leggerlo, ovviamente, perché è molto bello; anzitutto, è scritto molto bene, accurato nel linguaggio come nella contestualizzazione storico-sociale; i personaggi ci vengono presentati con chiarezza, tanto da ritrovarsi immersi nella loro vita come se stessimo con loro; in particolare, simpatizziamo con la protagonista, che ci commuove e intenerisce per la sua forza interiore, la sua determinazione e voglia di andare avanti."
(Angela Iacoviello)
- "Devo ammettere che non ho ancora avuto il piacere di leggerlo, però ho letto il secondo romanzo dell'autrice e sono sicura che sia riuscita a rendere anche questa storia, coinvolgente e ricca di significato."
(Silvia Stefani)

* Recensione a cura di Valentina, utente Goodreads (26 luglio 2014)
VOTO: 5/5
Non ci sono parole per definire quanto sia bello e toccante questo libro. Deve essere letto per poterne capire la magia di un viaggio a ritroso nel tempo fra dolore, soprusi, guerra, violenze. Un libro che, inevitabilmente, lascia un segno nell'anima.

* Recensione a cura di Alessandra, per "La bottega delle parole" (22 luglio 2014)
VAI ALLA RECENSIONE


"Può succedere ogni cosa.", disse Daniele "Allora proviamo a concentrarci sulle cose belle.", propose Lia. Italia. Epoca nazifascista. Considerati feccia, criminali, melma della società, causa di inquinamento della razza pura, gli Urovitz, come dieci, venti, cento altre famiglie ebree, lottano giorno dopo giorno per sopravvivere, nascosti in casa di amici da oltre tre anni, tirando avanti a fagiolini e speranza, mentre la paura che possa accadere l'imprevedibile pompa i cuori fino allo spasimo. A ogni rumore un sussulto, a ogni suono un po' più forte un respiro mancato ai polmoni, un battito in meno. E forse è questo il succo di tutto, è da questo che parte l'ingranaggio di una storia che vede protagonisti non solo persone, ma popoli, epoche, e sentimenti come fiducia, amicizia, amore. Ecco. Provarsi a concentrare sulle cose belle quando tutto sembra perduto aiuta a salvarsi, a salvarsi davvero. E la speranza è un fiore che va coltivato con tutti i pensieri più belli che uno ha, che sono acqua pura, e man mano che il fiore cresce, man mano che aggiungiamo ricordi felici, gioie passate, la speranza si fa più forte e ci calcifica le ossa, ci indurisce i muscoli, ci rende acciaio dall'interno. Lia diventa forte così. Cresce in questo modo. Gli avvenimenti si srotolano uno dopo l'altro, in un altalenarsi tra passato e presente, tra gli occhi di Lia e quelli della vecchia Myriam e del piccolo Chalom e di centinaia e centinaia di ebrei, e senti tu stesso di essere uno di loro, con il terrore sulle spalle e l'ingiustizia nelle vene pulsare feroce, con il desiderio di cambiare, ribaltare una dittatura. Ed è proprio il passaggio improvviso, non avvisato da preamboli o introduzioni vane, tra ricordi e momenti presenti, che aiuta il lettore ad introdursi nella storia, e ancora di più nel cuore di ognuno di loro. Ci si affeziona ai personaggi, sembra di aver mangiato con loro, di aver dormito con loro, di aver vissuto con loro, al punto tale che i personaggi diventano persone, e separarsene non è facile. Diventano compagni di viaggio, amici storici, conoscenze meravigliose che non vorresti perdere mai. "Quando dal cielo cadevano le stelle" è un libro di una dolcezza stravolgente e di una forza indomabile, che una volta chiuso non è chiuso davvero. Resta aperto, aperto sulle pagine più crude e vicine della storia. E lascia aperto anche il cuore, il cuore di chi ha tanto coraggio di non dimenticare.

* Recensione a cura di Strega del Crepuscolo per "Le tazzine di Yoko" (10 luglio 2013)

VAI ALLA RECENSIONE

VOTO: Quattro tazzine tonde tonde.
tazzinaDOWN



Sofia Domino ha una buona prosa ed è evidente fin dalle prime pagine l’ENORME lavoro di ricerca che ha fatto per il suo libro.
Veniamo a noi, la storia ha come protagonista la famiglia Urovitz, ebrei romani che, da ormai tre anni vivono nascosti nella cantina stella gialla-le tazzine di yokodi alcuni amici. Daniele, Giuditta, i loro figli Lia, Chalom e Tommaso e la nonna Myriam si nascondono al mondo.
Nonostante siano al sicuro devono rispettare regole severe, di giorno non devono mai fare rumore, le attività che posso svolgere sono molto limitate, il cibo è poco e la paura di essere scoperti è alta.
Le giornate scorrono sempre uguali e il lettore avverte la stessa irrequietezza e noia vissuta dalla protagonista: quanto tempo ancora dovranno nascondersi? La guerra finirà mai?
Lia sogna, un giorno, di diventare una dottoressa e di poter curare i malati in tutto il mondo, la ragazzina è sempre fiduciosa e cerca di infondere la sua speranza alla famiglia.
Le giornate trascorrono lente, l’autrice descrive molto dettagliatamente (forse troppo) i piccoli avvenimenti nella vita degli Urovitz, ovviamente il cibo è un problema. I signori Parisi (i coniugi che nascondono gli Urovitz) fanno del loro meglio per far avere loro del cibo ma, ormai, tutti soffrono la fame e le tessere annonarie non bastano per tutti.
Anche il caldo di Roma, chiusi in quella cantina asfissiante, è un problema che pesa sopratutto su Myriam. L’anziana soffre molto e più di una volta si sente male.
Cosa succederà se la donna dovesse aggravarsi? Trovare un medico fidato, disposto a visitare di nascosto una donna ebrea è difficile e c’è sempre il rischio che quest’ultimo non mantenga il segreto sul loro nascondiglio.
Ad allietare la vita della ragazzina arriva, imprevista, l’opportunità di corrispondere con un ragazzo della sua età: Hadas che, come lei, si nasconde dai nazisti e dal mondo intero. I due ragazzi, da subito, si sentono molto vicini ed entrano in sintonia. Lia può confidare al ragazzo tutto quello che non può dire ai suoi genitori o al fratello. Hadas nella sua cantina ha una finestra dalla quale, di notte, può vedere il cielo e questo diventerà un sogno per Lia, quello, un giorno, di poter ammirare le stelle con Hadas.
I bombardamenti che devastano Roma spaventano a morte gli Urovitz, specialmente Giuditta e, mentre Lia si aggrappa con forza ai propri sogni e alla nascente amicizia con Hadas e Tommaso alla sua relazione con Mea, Giuditta non riesce a scacciare la paura e, in maniera molto egoista, cerca di rovinare i sogni dei suoi figli, senza capire che, se anche Lia non diventerà mai una giornalista, in quel momento, per la ragazzina è importante continuare a sperare. La sua assurda gelosia nei confronti del figlio Tommaso mi ha abbastanza infastidito, il ragazzo è costretto a stare rinchiuso e la sua relazione con Mea, anche se non fosse destinata a durare è importantissima per lui.
Mentre gli Urovitz ascoltano alla radio le terrificanti notizie sulla guerra e sul fascismo il lettore continua a domandarsi cosa succederà: la famiglia riuscirà a rimanere nascosta e relativamente al sicuro, fino alla fine del conflitto?
Durante i bombardamenti l’autrice ci mette al corrente di molti dati di rilevanza storica che, purtroppo, tendono ad appesantire quei momenti di puro terrore.
Daniele decide di lasciare il nascondiglio per spostarsi da Roma, spera nella fine della guerra e sa che, se succedesse qualcosa nella capitale, non saprebbe dove portare la sua famiglia. La partenza dell’uomo è uno shock per tutti, specialmente per Giuditta.
Per un pò di tempo l’uomo riesce a tenersi saltuariamente in contatto con la famiglia almeno finchè i nazisti arrivano a Roma.
La paura di Lia è molto forte e il nascondiglio sembra farsi sempre meno sicuro finchè succede l’inevitabile: i Parisi sono costretti ad ospitare delle SS e gli Urovitz devono fuggire ma dove? La situazione per le poche famiglie ancora in grado di ospitare gli ebrei si fanno sempre più dure, la sorte di coloro che vengono scoperti ad ospitare gli ebrei è tremenda, rischiano di morire o di venire portati via…
Dopo un breve spostamento, Lia decide di scrivere a Hadas per scoprire se lei e la sua famiglia possono rifugiarsi con lui nella famosa soffitta. L’incontro tra i due ragazzini è molto toccante ed è stato davvero bello vederli di fronte alla famosa finestra, ma ancora una volta la guerra arriverà a infrangere i loro sogni. I nazisti vogliono occupare la casa degli Alighieri e nessuno può dire loro di no. Così, sebbene dispiaciuti, gli Alighieri devono mandare via sia gli Urovitz che la famiglia di Hadas. Ci sarà mai fine alle tribolazioni della ragazzina, esiste in tutta Roma un luogo davvero sicuro dalla crudeltà delle SS?
Certo, vista la trama del libro, il triste precipitare degli eventi era prevedibile
entrata-auschwitz-news-le tazzine di yokoLia fugge assieme alla sua famiglia e a quella di Hadas e trova rifugio in chiesa. Così la vita riprende il suo tran tran anche se, adesso, Lia si ritrova in mezzo a una moltitudine di sconosciuti, ebrei come lei che sperano di essere protetti. Sfortunatamente, quell’ultima fuga è stata troppo per l’anziana Miriam, la donna ha bisogno di cure e, nonostante i preti si prodighino per curarle, la nonna sarà la prima vittima della famiglia Urovitz a morire a causa del nazismo.
Se avesse potuto godere di cure migliori, si sarebbe salvata? Probabilmente sì… arrivati a questo punto è ormai chiaro che nessun luogo è più sicuro e i nazisti arrivano a tentare di entrare in chiesa.
Forse, se fossero rimasti nascosti all’interno dell’edificio, Lia e la sua famiglia avrebbero avuto una sorte migliore? Non lo sapremo mai. Gli Urovitz e la famiglia di Lia tornano nel ghetto ebraico, nella loro casa, con l’intenzione di recuperare i loro pochi averi e fuggire. E’ stato stupido? Certo, come potevano non immaginare che proprio quello sarebbe stato il primo posto dove i nazisti sarebbero andati a cercarli? La confusione, la paura, la disperazione e l’impotenza li hanno spinti a nascondersi in un luogo a loro famigliare invece che fuggire da qualsiasi altra parte purchè lontano mille miglia dal ghetto…
Catturati, spaventati a morte e portati via, ora il destino degli Urovitz è nelle mani dei nazisti e la loro sorte sarà segnata fin dall’arrivo nel campo di concentramento di Auschwitz.
Le torture, il freddo, il lavoro, la fame che tormenterà i protagonisti sono resi davvero molto bene così come la vita nel terribile campo di sterminio. Oltre alle torture fisiche anche quelle psicologiche sono descritte e analizzate a dovere, l’unica cosa “negativa”… sono le descrizioni un pò troppo simili delle SS.
Nel complesso un buon libro e devo fare un plauso all’autrice per il grosso lavoro che ha fatto di ricerca e l’accuratezza dei dati storici.

* Recensione a cura di Angela, per il blog "Chicchi di Pensieri" (23 giugno 2014)
VAI ALLA RECENSIONE


È sempre complicato per me parlare di romanzi che mi hanno toccata nel profondo.
Ma allo stesso tempo,  mi piace farlo…, e per la stessa ragione!
L’argomento “Shoah”, “campi di concentramento” (e a tutta la storia in generale) ecc… mi ha sempre molto coinvolta sin da bambina, e il mio primo approccio ad esso è partito dal Diario di Anna Frank e da allora non è più terminato.
.
Qualche mese fa ho recensito il libro di Rebecca “La mia amica ebrea”, incentrato sul bellissimo rapporto d’amicizia tra una ragazzina tedesca e una ebrea, che hanno imparato a buttar giù il muro di pregiudizi che le divideva per donare a loro stesse la gioia di un affetto sincero e puro, che ha brillato come un faro nelle tenebre di una guerra che porta con sé solo e sempre odio, morte, distruzione.
In “Quando dal cielo cadevano le stelle” a brillare sono le bombe di una guerra interminabile, sfiancante, estenuante, che ha provocato milioni di vittime e che ha gettato un’onta indicibile sull’UOMO (in senso antropologico), ricordando (e dico ricordando perché purtroppo la Storia, in ogni epoca e luogo, è sempre stata costellata da atti di meschinità e bassezza, di crudeltà ed ingiustizia, che sembrano sempre più grandi e numerosi rispetto agli atti di eroismo e sacrificio, che pur non sono mai mancati, proprio in frangenti come quelli) quanto esso sia maledettamente capace di mettere in atto progetti infimi e malvagi nei confronti dei propri simili, tanto da far scaturire, spontaneamente, la classica domanda “Ma com’è possibile…?”.
Eppure è possibile e noi leggiamo la storia della protagonista 13enne, Lia Urovitz, figlia di ebrei italiani, che vive a Roma con papà Daniele, mamma Giuditta, nonna Myriam, il  fratello maggiore Tommaso e il fratellino di 5 anni Chalom, sapendo che il periodo in cui è collocata questa piccola storia è uno dei più orrendi della grande Storia.



Lia è una ragazzina dolce, sensibile, intelligente, grande osservatrice, molto riflessiva, paziente, desiderosa di imparare tante cose, e soprattutto a contraddistinguerla è la sua irrefrenabile e commovente voglia di vivere.
Lia incarna la frase semplice ma terribilmente vera: “La vita è meravigliosa”… e tutti hanno il diritto di viverla, con dignità, cercando di realizzare i propri sogni.



E Lia ha gli stessi sogni delle sue coetanee…, ma il momento storico in cui sta vivendo non le sta dando la libertà di credere che questi sogni potrà certamente realizzarli.
La guerra sta costringendo gli Urovitz a nascondersi dalla ferocia dei fascisti di Mussolini che hanno cominciato a cercare gli ebrei per arrestarli e togliere loro tutto.
,
Grazie alla gentilezza di tanti amici di famiglia, Lia e la sua famiglia riusciranno a nascondersi per diversi anni, vivendo ora in una cantina, ora in una soffitta…
La vita da segregati in casa è difficile e la prima parte del romanzo si focalizza su quanto sia complesso gestire i rapporti familiari se si è costretti a stare gomito a gomito 24 ore su 24, mangiando sempre le stesse cose (quel poco che c’è…), non sapendo cosa inventarsi per far passare le giornate…
Il nervosismo e il senso di oppressione sono palpabili tra le quattro mura e, nonostante l’affetto che unisce i membri della famiglia, comunicare e andare d’accordo può diventare problematico, in particolare perché i grandi – troppo preoccupati dal conflitto in corso, dalle leggi razziali e dalle loro conseguenze – non hanno molta voglia di ascoltare i propri figli adolescenti, con i loro sospiri, le loro “paturnie”, la voglia di parlare, sognare, esprimere desideri, sentimenti…
L’Autrice punta i riflettori sulle dinamiche familiari che attraversano gli Urovitz, dandoci il punto di vista di Lia (la narrazione è sempre in terza persona), la quale vorrebbe in tutti i modi essere libera di poter condividere sentimenti, pensieri, passioni, paure…, ma si ritrova a fronteggiare dei muri troppo alti….
Il muro di Giuditta, una mamma apprensiva e troppo nervosa, agitata, piena di paura per sé e i propri figli, che non riesce ad andare verso la figlia, finendo per scontrarsi con lei spesso.
Il muro di un altrettanto preoccupato Daniele, un uomo sempre attivo ed energico, obbligato all’immobilità; il muro di Tommaso, innamorato della sua Mea e di cattivo umore al pensiero di restare separato da lei per chissà quanto tempo ancora…
A offrire a Lia la possibilità di sfogarsi e raccontarsi sarà Hadas, un adolescente ebreo con cui la ragazzina avrà modo di corrispondere tramite lettera, durante il periodo nei nascondigli, e che permetterà ad entrambi di aprirsi e condividere confidenze e segreti tipici dell’età; uno spiraglio di normalità, di luce, in un momento connotato soltanto da paure a ansietà.
Il rapporto tra i due ragazzi avrà modo di crescere e rafforzarsi, soprattutto quando la fuga dai nazifascisti e l’aggravarsi delle condizioni degli ebrei li faranno incontrare, condividendo parte di un comune destino.
Ma al fianco di Lia, a darle conforto ed incoraggiamento, prima di Hadas ci sarà nonna Myriam, l’unica in famiglia che sembra comprendere la nipotina e da lei Lia imparerà una cosa fondamentale: la speranza, l’amore per la vita nonostante il periodo buio, il continuare a credere nella capacità dell’uomo di migliorare dentro, di costruire un futuro migliore.



Un futuro in cui non ci sono più bombe che illuminano il cielo e distruggono case, spazzano via sogni e vite umane; in cui un uomo non è costretto a fuggire terrorizzato e nascondersi perché è ebreo…; un mondo in cui non ci sono più differenze e discriminazioni di sesso, razza, religione, ideologia politica ecc…; in cui a una bambina di 13 anni è riconosciuto il diritto di immaginarsi adulta, felice, con un lavoro che le piace, forse con una famiglia sua.
Un mondo in cui gruppi di persone di tutte le età e provenienti da varie parti del mondo non sono costrette a guardare la crudeltà e la morte in faccia ogni giorno, crudeltà dipinta sul viso di uomini come loro, ma che hanno accettato di vendere la propria anima e la propria coscienza in nome di ideologie spietate, insensate, folli, che faranno tanto male a milioni di esseri umani indifesi, che guarderanno spaventati, smarriti, stupiti… le conseguenze di questa insensatezza, di questa follia, e ad essa non potranno neppure reagire.



Un mondo in cui nessuno crea CAMPI DI STERMINIO, FORNI CREMATORI, CAMERE A GAS; in cui un uomo non si diverte ad umiliare, picchiare, terrorizzare, sputare, insultare creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio.



Un mondo in cui a nessun uomo e nessuna donna viene rubata la propria identità, il proprio nome in cambio di una squallida serie numerica; in cui quell’uomo e quella donna conservano la propria dignità e non sono costretti, a suon di calci e sputi, a spogliarsi di tutto e ad esporsi agli scherni di uomini che ormai sono diventati delle bestie…, a delirare per un pezzo di pane al giorno, a vedere le proprio costole che escono dalla pelle perché le malattie, la stanchezza (a causa di lavoro pesantissimi a condizioni  e orari inumani), la denutrizione sono esasperanti e inimmaginabili.
Un mondo in cui l’uomo non è lupo per l’altro uomo, bensì gli è fratello e amico, in cui invece di calci e bastonate, si donano sorrisi e mani aperte per aiutare, in cui al posto di urla e ingiurie atroci, si sussurrano gentilezze, e le uniche urla sono quelle dei bambini che giocano in cortile.



Insomma, un mondo che Lia sogna e continua a sognare con fiducia e speranza…, guardando oltre le mura di una cantina, agognando di poter guardare almeno un angolo di cielo, quel cielo azzurro con le nuvole o blu scuro illuminato dalle stelle, un cielo infinito che la rassicura e le suggerisce di non perdere mai la speranza, la voglia di vivere, ma di custodirla nel proprio cuore.



A qualunque prezzo e ovunque si trovi.
Vorrei potervi dire che la nostra giovane protagonista non conoscerà la crudeltà della vita nel campo di concentramento…
Ma questa non è una storia che deve a tutti i costi finire come vorremmo, perché è una storia che – per quanto abbia personaggi inventati – è fin troppo realistica, e la realtà non sempre ci viene incontro.
Siamo davanti ad un romanzo che è come un grande quadro, dipinto con colori scuri, tristi, perché oscura e triste è la guerra, è il cuore dell’uomo cieco e folle, è l’animo di chi si vede privato dei diritti fondamentali che fanno di un individuo un ESSERE UMANO.
Auschwitz-Birkenau
Ma attenzione, non fatevi distrarre dai colori scuri che predominano in questa storia…; se guardate bene, vedrete come me due stelle che brillano in questo mare di paura, morte, odio: sono gli occhi di persone come Lia, che hanno continuato a credere, pregare, sperare, amare, sognare, combattere, incoraggiare, resistere: gli occhi di chi non ha smesso di seguire il volo di un uccellino che, libero, svolazza nell’infinito cielo azzurro.



Quel cielo che continuava ad essere sopra di lei nonostante attorno ci fosse solo filo spinato, e che le ricordava che la vita è bella e non va sprecata, ma va afferrata con forza per poi essere vissuta appieno, non solo per se stessi, ma per tutti coloro che non sono sopravvissuti a una delle più grandi atrocità che la Storia ricordi.



Vi invito a leggerlo, ovviamente, perché è molto bello; anzitutto, è scritto molto bene, accurato nel linguaggio come nella contestualizzazione storico-sociale; i personaggi – da Lia ai familiari – ci vengono presentati con chiarezza, tanto da ritrovarsi immersi nella loro vita come se stessimo con loro; in particolare, simpatizziamo con la piccola Lia, che ci commuove e intenerisce per la sua forza interiore, la sua determinazione e voglia di andare avanti.
Realistiche sono le dinamiche familiari affrontate, come lo è anche il complesso mondo interiore degli adolescenti; il ritmo non è frenetico e l’Autrice non ha fretta di metterci davanti l’evolversi della situazione in modo freddo, ma lo fa trattenendoci, soffermandoci sui dettagli, i particolari, le singole parole, i pensieri… così come Lia li avverte, per poi catapultarci, improvvisamente, nell’inferno del lager, come di certo si son sentite le persone prese e portate vie: catapultate, travolte, “sbattute” violentemente, senza possibilità di ribellarsi, prima che fosse dato loro il tempo di capire.





È il secondo romanzo che leggo di Sofia Domino e non posso che apprezzarne lo stile di scrittura, gli argomenti trattati (in “Come lacrime nella pioggia” ha trattato quello della privazione dei diritti delle donne indiane), la forza interiore dei personaggi principali, la cura nei dettagli, la fluidità nella narrazione che non perde mai interesse e ritmo.


* Recensione a cura di Roberto Baldini, per  il blog"Scrivo Leggo" (18 giugno 2014)

VAI ALLA RECENSIONE

Libertà...

Maledetta guerra...
Purtroppo tutti noi conosciamo le nefandezze dei nazisti durante gli anni seconda della guerra mondiale.
Milioni di morti… sembra facile dirlo, sono tre parole…
Quante vite sono, realtà? Padri, figli che non hanno conosciuto i genitori, ragazzi che non hanno potuto conoscere l’amore, crearsi una famiglia…  
Quanto dolore da sopportare, da raccontare, da vivere attraverso le parole di chi c’era, e ha la fortuna di poterlo raccontare…
Lia è una ragazza costretta a vivere nascosta con la sua famiglia: i genitori, il fratellino e la nonna. Poter mangiare è già una festa, in quella cantina buia l’unica consolazione è rappresentata dalla radio, una radio che comunica sovente notizie terribili…
Bombardamenti, persecuzioni, fame e malattie…
L’odio serpeggia tra la folla, persino il più innocente potrebbe farsi corrompere da questa pazzia che sta dilagando in tutta Europa…
Fuggire, nascondere la propria identità, il proprio volto, il proprio io…
La fine sembra vicina, ma il lieto fine appare come una mera utopia…
Leggere libri sul dramma della seconda guerra mondiale e sulla persecuzione di Hitler sugli ebrei è, purtroppo, abbastanza comune. Mille cose sono state scritte su questa assurda follia, mille volte stiamo male nel leggere e conoscere la sorte di milioni di persone innocenti, vittima dell’ignoranza dell’essere umano.
Sofia Domino ci regala una storia colma di testimonianze, date e informazioni che faranno rabbrividire ma contribuiranno a creare una realtà vecchia di decenni che ha, purtroppo, trovato posto nei libri di storia.
Tiferemo per Lia e la sua famiglia, pur sapendo che questo non è un romanzo fantasy destinato al lieto fine. Questa è la storia di una famiglia dilaniata dalla voglia di emergere di un pazzo.
Un libro che vi farà male ma anche bene, donandovi una consapevolezza nuova. E, forse, un po’ di speranza…
Da leggere, per ricordare.

* Recensione a cura di Loriana per il blog "Maglia: l'isola del libro" (10 giugno 2014)
VAI ALLA RECENSIONE

VOTO: 5/5



L’autrice, nelle sue note di chiusura dice:  
“Ho sempre voluto raccontare della ferocia dei nazisti, delle sofferenze che i prigionieri hanno subito nei campi di concentramento e delle speranze che ogni persona nutriva durante la Seconda Guerra Mondiale”.
Il lavoro della giovane e talentuosa scrittrice (che ha svolto anche un’accurata ricerca storica e raccolta di testimonianze) è egregiamente riuscito. Il lettore è trascinato nella vita, nelle gioie e nelle tragedie personali dei protagonisti, divenendone parte e percependo, con lo stesso sbigottimento della giovane Lia, l’incredulità per una violenza così feroce, alimentata da quell’odio assurdo che ha permesso di sterminare un intero popolo e arrivando a provare la stessa indignazione della giovane di fronte all’orrore della Shoah.
La storia di Lia è un monito affinché ciò non accada mai più e un memento indelebile per non dimenticare.

Cari lettori vi consiglio questo libro al quale assegno 5 stelle meritatissime!

Approfondiamo ora un po’ la trama del libro…  Lia vive a Roma, ha tredici anni, vuole studiare, diventare medico e viaggiare ed è piena di sogni e voglia di vivere; ma è ebrea e siamo in piena Seconda Guerra Mondiale.

Vive nascosta da ormai tre anni assieme alla sua famiglia (suo padre Daniele, sua madre Giuditta, sua nonna Miriam, il fratello maggiore Tommaso e il piccolo Chalom), in una minuscola cantina, grazie alla complicità di una famiglia romana di amici (i Parisi). Il mondo di Lia si riduce a pochi metri quadri e tanto buio, a silenzi pieni di paura e poche ore di spensieratezza, durante le visite serali degli amici.

La sua vita precedente fatta di amiche, di scuola, studio e spensieratezza è stata spazzata via, ormai è solo un lontano ricordo. Ma proprio questi ricordi sbiaditi di una normale serena vita saranno quelli ai quali la giovane si aggrapperà, per non essere travolta dalla disperazione.

Lia è convinta che prima o poi tutto finirà, che tutti loro ritorneranno a vivere la vita di prima. La ragazzina non riesce ad accettare la violenza e la cattiveria, non riesce a comprendere perché lei e gli altri della sua famiglia, possano essere perseguitati e privati della possibilità di vivere, per il semplice fatto di essere ebrei. Perché Lia si sente una ragazzina come le altre e non capisce quale sia la differenza. Non capisce come si possa arrivare a provare odio. Non capisce come ci si possa accanire in una guerra di morte e distruzione, quando la vita in realtà è una cosa meravigliosa. «Questa situazione non durerà per sempre.»

E’ grazie a questa forza d’animo che Lia diventa luce forte di speranza in mezzo a tutta la disperazione di guerra. Quando le cose peggiorano, quando Roma viene bombardata, quando sono costretti a uscire per le strade rischiando di essere arrestati per andare in un altro nascondiglio e poi in un altro, ancora, Lia è la ragazzina coraggiosa che riesce a infondere fiducia e speranza agli altri membri della famiglia, affranti e afflitti per il precipitare della situazione.

Nonostante la tragedia, la disperazione e i bombardamenti Lia non smette di voler immaginare il cielo sopra di sé. Ma non lo vuole solo immaginare, lo vuole caparbiamente ricordare, lo vuole vedere e, soprattutto, vuole sapere che colore ha ora e quanto brillano le sue stelle, sopra una Roma bombardata. Infatti, lo chiede curiosa all’amico del padre, durante una delle sue visite serali nella cantina buia: “Com’è il cielo?”. E il signor Parisi le racconterà, qualche sera dopo, di aver guardato le stelle proprio per lei, proprio per poterle dare una risposta. Questo è uno dei passaggi più toccanti del romanzo, offre la portata dell’amore per la vita che Lia ha e di come riesca a riportare anche gli altri a una speranza primitiva e potente.

Lia, poi, per un breve periodo avrà il piacere di osservare quel cielo tanto amato dalla piccola finestra della mansarda, che dividerà con un’altra famiglia ebrea, la famiglia di Hadas. E proprio questa mansarda diventerà per la ragazzina il luogo più caro, perché qui condividerà pensieri ed emozioni con il suo amico Hadas, che diventerà una presenza sempre più importante per lei, dapprima amico e confidente, poi il vero primo grande amore. Nelle loro lunghe conversazioni la domanda ricorrente della giovane è: “Perché?”. Perché quest’accanimento e quest’odio così rabbioso nei confronti del mio popolo? Perché essere privata della mia vita, della mia libertà? In nome di cosa, tutto questo, quando la vita è così meravigliosa?”. E, alla domanda di Hadas su cosa vorrà fare dopo la guerra, la sua risposta spiazzante e sincera è: “vorrò vivere.”

Ma la guerra avanza inesorabile e anche noi lettori assistiamo impotenti al precipitare degli eventi e all’aggravarsi della condizione degli ebrei nella Capitale. Gli Urovitz devono a spostarsi nuovamente in cerca di un nascondiglio più sicuro. Assieme ad altre famiglie ebree trovano riparo presso un monastero, ma dopo il susseguirsi di rastrellamenti e perquisizioni in tutta Roma da parte dei tedeschi, le famiglie rifugiate sono costrette a fuggire altrove. La famiglia di Lia decide di ritornare nella loro casa, credendola ormai sicura. Ed è invece proprio qui che la mattina del 16 ottobre 1943, vengono catturati durante il più grande rastrellamento del Ghetto di Roma da parte della Gestapo. Tutti gli ebrei vengono deportati ad Auschwitz e qui Lia dovrà far ricorso a tutta la sua voglia di vivere e ai ricordi più belli per attraversare l’orrore dei campi di sterminio: subire il disconoscimento della propria identità e umanità, la fame, il freddo, i patimenti, i dolori e le violenze, le percosse, lo sfinimento fisico dei lavori forzati, la malattia, la morte, la follia dell’odio razziale e della crudele malvagità delle SS.
«Era ancora una persona chi veniva continuamente picchiata, umiliata e privata della dignità? Era una persona chi era stata obbligata a spogliarsi e lavarsi sotto l’acqua troppo calda o troppo fredda, e che era stata tatuata con un numero perdendo il suo nome?»

E’ solo grazie alla determinazione e all’amore per la vita che Lia trova la forza di un'incrollabile speranza. La forza per sopravvivere ogni volta un giorno in più, nonostante l’orrore in cui è precipitata. Lia, quindi, non si rassegna e continua a infondere fiducia e speranza alle altre prigioniere del campo. I suoi sogni diventano luce per tutte quelle donne che non ne hanno più (e anche per noi lettori, che avanziamo attoniti fra le pagine terribili della Shoah).

Anche qui Lia diventa il faro di speranza e di coraggio: il suo esempio impedirà a tante altre deportate di lasciarsi andare alla disperazione e alla morte nei vari campi di concentramento, che la ragazza attraverserà da Auschwitz a Mauthausen, tra la Germania e la Polonia. Più di una, infatti, alzerà di nuovo gli occhi al cielo per ritrovare un po’ di bellezza e umanità, oltre le pieghe del terribile genocidio, proprio come faceva Lia…
Autore: Sofia Domino



Genere: Narrativa
Editore: Autopubblicato
Pagine: 495 pp.
Prezzo: € 1,99


Consiglio nuovamente a tutti questa lettura, per riflettere, emozionarsi, indignarsi e non dimenticare...


* Recensione a cura di Sara Bellodi, per il sito "Inkbooks" (8 giugno 2014)
VAI ALLA RECENSIONE


libri-bambini-olocausto

“Comunque sono certa di cos’altro vorrò fare dopo la guerra – un attimo di silenzio – vorrò vivere.”



Avere una casa. Andare a scuola. Alzare gli occhi verso il cielo per ammirarne i suoi colori. Qualcosa che ci può sembrare scontato, o addirittura banale. Qualcosa che, durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, è stato privato a molte persone.

Un conflitto che ha portato via tanto, troppo, come accade alla giovanissima Lia – protagonista del romanzo di Sofia Domino Quando dal cielo cadevano le stelle – costretta a nascondersi con la propria famiglia,  fin da quando aveva solamente undici anni.
Solamente perché erano ebrei.
Il romanzo si sviluppa in un arco temporale di due anni, dal 1943 al 1945 – con un flashback relativo al 1938 – seguendo le vicende di Lia, dapprima nella Roma sotto regime fascista, per poi giungere alla cruda realtà dei campi di concentramento.
Sono anni in cui Lia avrebbe dovuto poter vivere liberamente la propria adolescenza, con le problematiche ad essa connessa, e non nel terrore, nell’incertezza di sapere se il giorno dopo si sarebbe potuto continuare a respirare.
Eppure, nonostante le restrizioni, la paura, l’impossibilità di camminare liberamente per le strade della sua adorata città, guardando le stelle di notte, Lia non smette mai di amare la vita. Si aggrappa con ostinazione ai suoi sogni, cercando il lato positivo in ogni situazione, anche quando il suo mondo – quel “nuovo” mondo a cui si era dovuta adattare dall’emanazioni delle leggi razziali – viene, per l’ennesima volta, brutalmente modificato il 16 ottobre 1943. La data in cui viene catturata dalla Gestapo e deportata ad Auschwitz, dove continuerà a chiedersi, senza ottenere alcuna risposta, il perché di quella cieca malvagità.

Più si procede nella lettura, e più ci si rende conto dell’accurato lavoro di ricerca compiuto dalla giovane autrice. Ogni situazione è sapientemente descritta tenendo in considerazione i fatti storici e politici, rendendo così il romanzo vicino alla realtà, una sorta di dichiarazione scritta per le generazioni future, come se questo potesse essere un documento in cui sono racchiusi i ricordi di una ragazzina che aveva dovuto subire le atrocità dell’olocausto. (La stessa Domino, nelle noti finali, afferma di aver raccolto numerose testimonianze prima di procedere nella stesura).

Un romanzo che scolpisce nei nostri cuori, parola dopo parola, pagina dopo pagina, questa frase: Non dimenticare. Per far sì che non si ripetano mai più tali atrocità.

“Era ancora una persona chi veniva continuamente picchiata,
umiliata e privata della dignità? Era una persona chi era stata obbligata

a spogliarsi e lavarsi sotto l’acqua troppo calda o troppo fredda,
 e che era stata tatuata con un numero perdendo il suo nome?”


* Recensione pubblicata sul blog "Caffè Litteraire da Muriomu" (3 giugno 2014)

VAI ALLA RECENSIONE

Sofia Domino in questo romanzo racconta attraverso gli occhi di Lia, una tredicenne ebrea, gli orrori della guerra e il logoramento causato del vivere ogni giorno nascosti, con la paura di essere scoperti.

Nascondersi, è questo che gli Urovitz, e altre famigli ebree, sono costretti a fare, perché, come unica colpa, hanno solo quella di essere nati in un mondo sbagliato, un mondo fatto di uomini che approvano le leggi razziali, che inneggiano all'elevazione della razza e desiderano lo sterminio di chi ritengono a loro inferiore.

Così, un giorno che sembrava come tutti gli altri, si trasforma nell'inizio di un incubo per Lia che, quel pomeriggio, non desiderava altro che di andare in biblioteca.

Da ragazzina di dieci anni piena di vita, di speranze e di sogni, Lia si vedrà costretta ad abbandonarli per essere rinchiusa in una cantina, senza più avere la possibilità di guardare il cielo e sentire il calore del sole sulla pelle o vedere lo scintillio delle stelle nelle calde notti estive.

Per tre anni Lia vive segregata in quella cantina, assieme a sua nonna Myriam, i suoi genitori Daniele e Giuditta e i suoi fratelli Tommaso, di due anni più grande, e il piccolo Chalom di soli cinque anni.

Esperienze, sogni, aspirazioni, tutto viene messo in stand-by, congelato dalla guerra e dalla reclusione.

Passano i giorni, i mesi e gli anni, fatti di giornate monotone, rese vive soltanto dall'alternarsi di paura e sollievo.

La speranza di sentire dalla radio buone notizie, la fine della guerra, ricominciare a vivere, riprendere tutto da dove lo si era lasciato e andare avanti, lasciandosi la cantina e le sua prigionia alle spalle, questo è quello che spinge Lia ad andare avanti.

Il libro in questa prima parte risulta un po' pesante, proprio a causa della monotonia delle giornate che si susseguono senza differenziarsi le une dalle altre, se non per quei pochi particolari, che in un'altra storia sarebbero irrilevanti, ma qui, rinchiusi in una cantina, tutto, anche mangiare dei fagiolini anziché dei pomodori è fondamentale.

Il racconto diventa quasi logorante, così come logorante è la vita all'interno del rifugio sotterraneo. 
L'autrice in questa descrizione è stata molto brava, è riuscita a far percepire al lettore l'estenuante susseguirsi dei giorni, il caldo opprimente, l'angosciante sensazione di non sapere cosa accade fuori e l'incognita sul futuro.

Siamo solo noi con quei pochi personaggi che vivono nel rifugio e i conoscenti che di tanto in tanto gli fanno visita.

Con pochi particolari l'autrice ci presenta e delinea la personalità di ognuno.

I componenti della famiglia, seppur vivendo la medesima situazione, l'affrontano in maniera diversa, ognuno con il proprio punto di vista.

I genitori sono i più pessimisti, soprattutto la mamma, Giuditta, è quella più irritata dalla situazione, non crede, non spera, non si illude.

La nonna Myriam ha la saggezza e la speranza di chi è già sopravvissuta ad una guerra e conosce già, perché l'ha vissuta sulla pelle, sia la sofferenza che la gioia della liberazione.

Lia è la gioia di vivere, colei che vede sempre positivo e che cerca di tirare su il morale a tutti, una specie di Pollyanna che ci tiene a ricordarci che la vita è bella, nonostante tutto.

Tommaso riflessivo e solitario, si rifugia nei ricordi della sua prima storia d'amore, interrotta troppo presto a causa della guerra.

Chalom è l'innocenza, un bambino che ingenuamente si chiede perché non può più giocare all'aperto, e che con la tipica curiosità dei bambini pone imbarazzanti domande a cui nessuno riesce a dar risposta: 



"Verso sera, quando l’aria sembrò leggermente rinfrescarsi, Chalom fece una domanda che spiazzò tutti quanti: 
- Papà – chiese il bambino con grande serietà - gli ebrei valgono quanto i cani? – 
Se durante il giorno Daniele aveva cercato di non agitarsi per non sudare, a tale domanda avvampò: 
Che cosa hai detto? – 
Lia si voltò verso Chalom, trattenendo il respiro. 
- Ho chiesto se gli ebrei valgono quanto i cani – ripeté il bambino, con leggerezza - 
stanotte ho sognato i cani e secondo me sono uguali a noi ebrei –. 
- Non riesco a crederci – abbozzò un risolino nervoso Giuditta,
- Come mai hai fatto questi pensieri, tesoro? – domandò Myriam al nipotino, -
 Gli ebrei non possono entrare in tanti negozi – rispose Chalom – e neanche i cani possono farlo. Mamma, papà, noi ebrei valiamo quanto i cani? –"



Una critica che posso fare alla narrazione, in questa prima parte, è la presenza di troppe nozioni storiche, presentate queste, non come un dialogo naturale tra persone che si incontrano e parlano di ciò che succede loro intorno, ma a mo' di lezione letta da un volume di storia.

Ciò risulta evidente soprattutto quando il piccolo Chalom fa delle domande come "chi è Hitler?" e "cos'è il nazionalismo?", parole che è abituato a sentire dagli adulti che gli stanno attorno, e le risposte che gli vengono date sono decisamente pretenziose per un bambino di cinque anni.

Paiono più una lezioncina data al lettore per dimostrare la propria preparazione.

Anche l'aggiunta della radio all'interno del rifugio pare il pretesto per poter inserire ancora di più il contesto storico, tramite i vari annunci e le varie trasmissioni.



"Che cos’è il nazionalismo? – 
- Il nazionalismo sostiene il concetto d’identità nazionale e di Nazione - 
- Anche l’antisemitismo dovrebbe preoccuparti, Chalom – soggiunse Myriam, con un filo di voce. 
- Perché? – 
Myriam provò ad aprire bocca per spiegarglielo, ma semplicemente non ci riuscì. 
- L’antisemitismo racchiude le leggi e i comportamenti discriminatori nei confronti di noi ebrei – gli spiegò allora Lia, con indignazione, poi aggiunse – fortunatamente Mussolini non ha dato ordini ai dirigenti del partito fascista di eliminarci, al contrario di Hitler. Mussolini ripete spesso: “ discriminare e non perseguitare” –. 
- D’altronde Hitler è nazista, mentre Mussolini è fascista – intervenne Daniele – siamo fortunati che Hitler sia lontano da qui. Non posso negare che Mussolini abbia fatto del bene alla nostra Nazione, se non parlo di ciò che sta facendo a noi ebrei. Fortunati quegli ebrei che possono ancora avere il loro piccolo negozietto, nascosti da tutto e da tutti. Io non posso più lavorare... - 
- Hitler toglie tutto agli ebrei – osservò Giuditta con voce tremante - ogni diritto civile e umano. Dal 1938 Mussolini si è alleato con Hitler, quindi anche lui ci odia, anche se non parla mai di campi di lavoro. Ma dal ’40 è cambiato tutto, da quando è stata organizzata l’espulsione degli ebrei..."



A rompere la ripetitività del racconto subentra la novità della corrispondenza tra Lia e Hadas Biach, un ragazzo ebreo, anche lui nascosto con la sua famiglia per sfuggire alle leggi razziali.

Tramite una vecchia macchina da scrivere, ha inizio un'amicizia profonda grazie alla quale i due ragazzi sfogano le proprie ansie, e confessano i propri sogni nascosti, quello di Lia, diventare una dottoressa e curare i malati per il mondo, e quello di Hadas, diventare un giornalista.

Ma la guerra non accenna a terminare, e Roma, la città santa, quella che si credeva essere sicura, viene bombardata dalle armate anglo-americane.

Daniele si vede costretto a lasciare la cantina per cercare fortuna in altre città meno esposte, e poco dopo la sua famiglia fa lo stesso.



E anche sulla fuga di Daniele, mi sono chiesta quale fosse l'utilità e ho supposto si trattasse solo di un modo come un altro per animare la narrazione.

Egli infatti va via per cercare fortuna, ma quando è via non sembra mai accennare al fatto che la famiglia possa prima o poi raggiungerlo.

Inoltre se Myriam (la nonna), non era nelle condizioni di viaggiare prima dei bombardamenti, perché dovrebbe poterlo fare dopo, quando è tutto più pericoloso?



La successiva alleanza dell'Italia con gli Americani segna per gli ebrei Italiani l'inizio della fine, e proprio quando Lia, Hadas e le rispettive famiglie sono rifugiate nel monastero dei Crescenti, vengono costretti, prima alla fuga, e poi catturati dai soldati tedeschi.

Da qui il racconto si fa cruento e straziante.

Un viaggio interminabile, svolto in condizioni precarie e disumane, porta i deportati nei campi di Auschwitz-Birkenau, dove vengono torturati, umiliati nel peggior modo possibile.



"In cortile avvenne l’ultima fase d’iniziazione. Le prigioniere si ritrovarono nuovamente ammassate, ma quantomeno adesso il freddo era più sopportabile e, nonostante la fame, la stanchezza dovuta al viaggio degradante e a ciò che avevano subìto dall'arrivo al campo, la maggior parte di loro si sentì nuovamente più forte. 
In che cosa sarebbe consistita l’ultima fase d’iniziazione? 
Lia non riuscì a capirlo subito: spesso era distratta poiché, a ogni urlo o percossa, si voltava a guardare quello che succedeva, pregando per ogni prigioniera. Solo dopo un po’ di tempo apprese che, a breve, non avrebbe avuto più un nome. 
Ogni prigioniera fu costretta a farsi tatuare un numero sul braccio sinistro, e i soldati spiegarono che quel numero sarebbe dovuto essere cucito anche sulla casacca di ogni detenuta. 
- Ci faranno altro male... - sussurrò Giuditta, con un filo di voce. 
Spinte dai vari militari, le donne furono costrette a farsi tatuare. Non fu fisicamente doloroso, ma lo fu psicologicamente. 
Lia guardò una specie di penna incidere i vari numeri sulla sua pelle. Fu un lavoro veloce ma lei si sentì marchiata come una bestia. 
Poco dopo Lia Urovitz non esisteva più: adesso esisteva la prigioniera numero 76903."



La resistenza e la voglia di vivere di Lia sono commuoventi, la ragazzina supera ogni punizione, ogni umiliazione, ogni perdita con una forza e una dignità che non possono non lasciare il segno.

Anche quando è stremata, anche quando lasciarsi morire sembrerebbe la scelta più facile, Lia resiste per chi non ce l'ha fatta, per i suoi sogni, per la sua voglia di vivere, per il desiderio di riprendersi quella libertà che le è stata strappata con violenza senza nessuna ragione.
Lia resiste per guardare ancora una volta il cielo e farlo senza provare paura.
Un libro assolutamente non leggero, dettagliato, preciso nella narrazione dei fatti e per questo ancora più straziante.
Fa arrabbiare e fa pensare.
Un libro che non si può leggere con indifferenza e che sicuramente vi resterà nel cuore, come nel cuore vi resterà Lia e ogni membro della sua famiglia.

Considerazioni:
La realtà supera la fantasia, e spesso tendiamo a dimenticarlo.
Ricordo che quando qualche mese fa descrissi la trama della saga "Hunger Games" ad una mia amica, lei mi disse: "Perché tanta cattiveria? Non è possibile".
E invece lo è purtroppo, lo è stata e lo è tutt'ora, solo che spesso tendiamo a dimenticarlo, perché pensare sempre alle brutture della vita ci impedirebbe di vivere.
E mentre leggevo questa storia non potevo fare a meno di pensare, come faccio ogni volta che mi soffermo su questa terribile pagina della nostra storia, a come sia possibile che un tale scempio sia potuto succedere senza che nessuno lo impedisse.
La crudeltà a cui l'uomo è capace è una cosa che fa rabbia e che non si può accettare, e leggendo queste pagine ho davvero provato la sensazione dell'odio.
Io non sono per la pena di morte, davvero, ho sempre sostenuto, invece, la teoria del "se tu uccidi non sei meglio di loro", ma la rabbia che ho provato leggendo della cattiveria, delle torture, delle derisioni che le SS praticavano nei confronti dei prigionieri, mi ha fatto rivalutare tutte le mie convinzioni.
E in quel caso si, lo ammetto, li avrei voluti tutti morti.
Anzi, li avrei voluti veder soffrire nello stesso modo in cui hanno fatto soffrire quegli innocenti, torturati, derisi, privati del cibo, delle vesti, della dignità.
Fargli soffrire la fame, il freddo, fargli sentire la paura, farli sentire impotenti e insignificanti.
Lia non mi abbandonerà mai, e con lei sua nonna e il suo fratellino, come non mi abbandonerà la convinzione che il mondo è di tutti, e nessuno sceglie come e dove nascere, nessuno dovrebbe essere punito per questo e tutti hanno il diritto di sognare e di vivere (...)





* Recensione pubblicata sul blog "Una macedonia di parole" (9 maggio 2014)
VAI ALLA RECENSIONE

La protagonista di questo romanzo è Lia, una ragazzina ebrea di tredici anni che deve fare i conti con una realtà crudele e terribile, quella delle Secondo Guerra Mondiale.
Costretta in un primo momento a vivere nascosta in una cantina con la propria famiglia e poi deportata nel campo di concentramento di Auschwitz, il 16 ottobre 1943.

A tredici anni hai il diritto e il dovere di essere felice, allegro, spensierato. Hai il diritto di vivere i primi amori, le risate tra amici, la scuola, le stelle, il sole e l'aria fresca. Hai il diritto di vivere.
Vivere nascosta in una cantina, senza poter vedere la luce del sole, è inimmaginabile per noi nel 2014 e l'autrice del libro ha descritto impeccabilmente la quotidianità di questa vita non vita.

Quando Lia viene deportata del campo di concentramento, si ritrova catapultata in uno scenario infernale in cui la morte, la fame e la malattia fanno a pugni con la vita e con quella piccola luce di speranza che è accesa in fondo al cuore.

Un romanzo per riflettere: ecco la mia opinione.
Consiglio, inoltre, la lettura di "Quando dal cielo cadevano le stelle" parallela a "La mia amica ebrea" di Rebecca Domino. I romanzi sono complementari e potrebbero essere letti contemporaneamente.

* Recensione a cura di Cristina Biolcati per il blog "Scritturati" (5 maggio 2014)


“Ho sempre voluto raccontare della ferocia dei nazisti, delle sofferenze che i prigionieri hanno subito nei campi di concentramento e delle speranze che ogni persona nutriva durante la Seconda Guerra Mondiale”.

Sono le parole di Sofia Domino, autrice del romanzo “Quando dal cielo cadevano le stelle”, pubblicato nel gennaio 2014 in versione digitale. Racchiudono, a mio avviso, l’intero significato dell’opera.

Quando facciamo la conoscenza di Lia Urovitz, lei e la sua famiglia, per sfuggire alle leggi razziali, sono rinchiusi già da tre anni in una cantina romana, “ospiti” di alcuni benefattori. È il luglio del 1943 e siamo in piena Seconda Guerra Mondiale. Lia ha 13 anni, ed è “colpevole” di essere ebrea. La ragazzina nutre un amore sconfinato per la vita, un entusiasmo straordinario e una grande forza di volontà. È una bambina sensibile e attenta, che non vuole diventare bella da grande, ma intelligente. Insieme alla nonna, ai genitori e ai due fratelli, la vediamo vivere di speranze, sognando di diventare un giorno una dottoressa, per poter aiutare le persone sofferenti. Come nel caso della nonna, vecchia e malata, costretta a rimanere rinchiusa in quella cantina torrida, in uno spazio angusto, per la quale lei non può fare niente.



In un secondo momento Lia diventa ospite della famiglia ebrea di Hadas, il suo amico di penna, col quale ha intrattenuto un intenso scambio epistolare durante la prigionia nel primo nascondiglio.

Ma i nazisti arrivano in Italia, ed inizia la caccia agli ebrei. Il 16 ottobre 1943 la Gestapo rastrella il ghetto ebraico a Roma e la famiglia di Lia viene catturata e condotta nei campi di concentramento. Destinazione Auschwitz e da qui, successivamente, in altri campi di sterminio. A Lia spettano torture fisiche, stenti, devastazione e scenari di morte tutto intorno a sé. Le verrà negata la dignità e la sua identità sarà ridotta ad un numero di matricola, marchiato su un braccio.

Ma sarà anche un percorso di crescita, dove i dialoghi e lo scorrere del tempo sempre uguale della prima parte, faranno seguito sempre più a riflessioni e situazioni al limite del paradossale. In breve Lia si ritroverà da sola, a dover contare solo sulle proprie forze.

Nonostante innegabili parallelismi con Anna Frank, e qualche imprecisione linguistica, lo stile della Domino è piacevole ed evocativo. In alcuni punti, soprattutto nella prima parte, forse avrebbe potuto riassumere un po’ e rendere il racconto più snello, ma nel complesso questo romanzo rappresenta una buona prova d’esordio.

“Quando dal cielo cadevano le stelle” è un’opera toccante, che vanta di un lavoro di documentazione storica di base. I personaggi sono ben delineati, lasciano il segno.

Più che ricordare l’Olocausto e gli orrori che si sono consumati durante il secondo conflitto mondiale ad opera della Germania nazista, il romanzo vuole essere la celebrazione dell’amore per la vita. Per non dimenticare. Affinché dal cielo non cadano più stelle.

“Ora Lia è finalmente libera, libera di poter vedere il cielo, di ricordarlo come se lo ricordava prima della guerra, di poter di nuovo correre, di gridare a tutti che è ebrea, libera di non nascondere più la sua identità”.

E per il diritto di sognare. È questo ciò che non deve mai mancare.


* Recensione sul blog "La libreria di Clio" (5 maggio 2014)
VAI ALLA RECENSIONE


VOTO: 4/5


Lia, ragazzina ebrea e da tre anni rinchiusa in una cantina con la sua famiglia, e la sua nonna malata. Sono chiusi in cantina, dopo lo scoppio delle leggi razziali, siamo in piena seconda guerra mondiale. Ma purtroppo i nazisti sono vicinissimi a lei, e il 16 Ottobre del 1943, la Gestapo rastrella il ghetto ebraico di Roma e Lia, e tutta la sua famiglia viene catturata. Destinazione Auschwitz. Inizierà per lei, il calvario dei campi di concentramento. Freddo, fame, morte e malattie. In questo romanzo nonostante tutto, Lia continuerà a sognare per un mondo migliore ed essere libera da quel mondo ostile e crudele. Complimenti anche qui, a Sofia per aver trattato questo tema ancora oggi, molto ostile.

* Recensione a cura di Monica Portiero, per il blog "La mia canzone per te" (2 maggio 2014)
VAI ALLA RECENSIONE


Questa è la storia di Lia e della sua famiglia ebrea italiana.

Vivono nascosti nella cantina di un'altra famiglia cristiana che, nonostante il timore delle leggi Hitleriane, li protegge come può: procura loro il cibo, porta le notizie dal mondo e tiene compagnia, quando è possibile, al gruppo di sei persone che ospita con grande rischio personale.

Il ritmo del narrato si dipana, all'inizio, molto lentamente, quasi a punteggiare lo scorrere del tempo trascorso dai protagonisti impegnati nel fare il minimo rumore possibile, nell'espletare ogni minima azione quotidiana.

Vi è il rituale dei pranzi, delle misere cene consumate in silenzio, dove una ciliegia diventava motivo di festa, il bisogno di tenere tranquillo in fratellino più piccolo.Ci sono le discussioni fra la madre Giuditta e il fratello maggiore, reo di essere innamorata di una ragazza non ebrea e che, secondo la genitrice, deve dimenticare per sempre.

Vi è Daniele, il padre inquieto ma molto paziente, che insegna a Lia e al figlio maggiore Tommaso ad usare una macchina da scrivere per crearsi lo svago di comunicare con altri due ragazzi, rinchiusi in altrettanti posti protetti e così tagliati fuori dal mondo esterno.

Vi è la nonna Myriam, indomita scintilla di vita, che li tiene uniti tutti e Lia, ragazzina ingenua e fiduciosa, vive attraverso quello sguardo brillante. E' il suo sostegno, la sua ancora di salvezza da quel mondo triste e ovattato in cui è costretta a vivere.

C'è il piccolo Chalom impaziente di vivere e giocare come facevano altri bambini alla luce del sole, invece che a bocca serrata nel buio di un luogo angusto.

Le notizie portate dai due coniugi che li "ospitano" diventano sempre più inquietanti e Daniele decide di lasciare la famiglia nella cantina ,per andare fuori, a cercare un luogo più sicuro per tutti.

Daniele non torna, la famiglia è costretta a lasciare il rifugio, la nonna...la nonna...Senza suo figlio...

Lia si troverà in un altro mondo.Via ogni certezza, via ogni preghiera, via anche da se stessa.Il sorriso si spegne sulle labbra,il gelo prende il suo posto e di quella ragazzina che amava la vita,gioiosa,allegra e spensierata...

Cosa resterà?

Ora Sofia mi ha fatto piangere di nuovo e questo l'aveva fatto anche la sorella Rebecca con "La mia amica ebrea".

Questi due libri sono complementari e vanno letti insieme, questo è il mio consiglio.

E Sofia...è stato bellissimo leggere il tuo "Quando dal cielo cadevano le stelle".

Così non ho più parole,perché cosa dire di un libro che ti emoziona,che non ha cedimenti,che è praticamente perfetto?


* Recensione da parte del blog "Amici di carta" (30 aprile 2014)
VAI ALLA RECENSIONE

VOTO: 3/3


La storia racconta la vita di una famiglia di ebrei gli Urovitz, durante la seconda guerra mondiale. E'  diviso in essenzialmente in due parti: la prima in cui la famiglia trova rifugio in vari luoghi di fortuna grazie ad alcuni amici cristiani che nonostante la paura cercano di nasconderli e la seconda parte in cui gli ebrei vengono catturati e deportati nei campi di concentramento.
La famiglia è composta da Lia, che è la protagonista (infatti gran parte del romanzo è scritto dal suo punto di vista) il papà Daniele, la mamma Giuditta, la nonna Myriam e i suoi due fratelli: Tommaso e il piccolo Chalom. Sono nascosti a Roma nella cantina di una famiglia cristiana, i coniugi Parisi, dove aspettano fiduciosi la fine della guerra con la paura di essere scoperti.
A differenza della mamma che vede tutti gli avvenimenti da un punto di vista negativo, Lia cerca sempre di sperare e vedere la vita come una cosa meravigliosa e questo viene ribadito per tutta la durata del romanzo.
Lia cerca di trascorrere le giornate come una normale adolescente della sua età: studia, aiuta nei lavori domestici ma cosa più importante sogna il futuro, vorrebbe diventare un medico per aiutare le persone che stanno male a causa di questa inutile guerra.
Durante il periodo che trascorre in cantina con la complicità della famiglia cristiana intraprende uno scambio di lettere con un ragazzo di nome Hadas anche lui ebreo con la speranza di poterlo un giorno conoscere.
La situazione si complica quando il padre decide di uscire dalla cantina e recarsi a Modena, lasciando sola Lia e i restanti membri della famiglia. Con il passare del tempo le cose si fanno più difficili e sono costretti a cambiare nascondiglio per recarsi tra gli altri luoghi proprio nella soffitta dove si trova Hadas con la sua famiglia.
Il 16 ottobre 1943 la comunità ebraica, del ghetto di Roma viene scoperta dalla Gestapo e gli Urivitz e la famiglia del ragazzo saranno deportati ad Auschwitz.
L'autrice è molto brava nel descrivere gli stati d'animo dei vari personaggi. Ci si ritrova molto nel personaggio di Lia e si ripercorre il dramma dei prigionieri costretti a subire ingiustizie e atrocità solo per il fatto di essere ebrei. 
La ragazzina mentre gli uomini della famiglia vengono rinchiusi ad Auschwitz raggiunge con la madre il campo di Bergen - Belsen. Negli anni che passerà li e in altri campi di concentramento verrà privata del suo nome sostituito da dei numeri tatuati sul braccio, verrà privata delle persone a lei care e del suo amore per Hadas, verrà umiliata e trattata male dai nazisti: alternerà momenti di rabbia e ribellione, con momenti di rassegnazione e stanchezza ma senza mai perdere la speranza perchè al di la del filo spinato la vita non è finita, gli uccelli cantano e nel cielo le stelle brillano ancora. Ringrazio Sofia per aver avermi dato la possibilità di leggere il suo romanzo e ne consiglio veramente a tutti la lettura!

* Recensione a cura di Mariapiera Angioi  per il blog "Chiacchiere in libertà" (28 aprile 2014)

VAI ALLA RECENSIONE
Nota: la seguente recensione alla fine contiene uno spoiler.


Voglio ringraziare pubblicamente Sofia per l'opportunità e la fiducia che ha riposto in me: spero che possa continuare a scrivere e che i suoi libri vengano premiati con i dovuti riconoscimenti.
Passiamo, quindi, al suo romanzo d'esordio: è la storia di una famiglia ebrea, gli Urovitz, che durante la II Guerra Mondiale hanno trovato rifugio presso le abitazioni di alcune famiglie italiane che, a rischio della loro vita, li hanno nascosti e protetti dalla follia nazista. Il libro è molto corposo, composto da molti capitoli lunghi, ben scritti, curati in ogni dettaglio e corredati da note a piè di pagina. L'autrice ha ricostruito in modo molto preciso il contesto storico-politico segno che ha svolto un'approfondita ricerca di testimonianze e documenti: senza questo, probabilmente, la cornice della storia degli Urovitz non sarebbe stata la stessa. Il romanzo, dunque, può essere suddiviso in due parti: nella prima, la famiglia ebrea si trova nascosta nella cantina di una famiglia cristiana, i coniugi Parisi. In questo spazio piccolo, stretto e abbastanza spoglio, gli Urovitz sperano nella fine della guerra e delle persecuzioni razziali. Ogni componente della famiglia (il papà Daniele, la mamma Giuditta, i figli Tommaso, Lia e Chalom e la nonna Myriam) viene descritto minuziosamente soprattutto negli aspetti psicologici. I ruoli, a causa della guerra e della costrizione del vivere nascosti per anni, vengono completamente stravolti e questo si nota, soprattutto, nell'atteggiamento di Giuditta (la madre) e Lia (la figlia): la prima non si comporta come una persona adulta e razionale ma, al contrario, assume atteggiamenti quasi infantili; la seconda, invece, pur essendo solo un'adolescente ragiona e si comporta come un'adulta, come se fosse il pilastro della famiglia.
Nella seconda parte del libro, con mio grande stupore, la situazione cambia radicalmente: gli Urovitz, come molti altri ebrei, vengono catturati e deportati nei campi di concentramento a causa di un italiano che, come Giuda Iscariota, ha avvisato i tedeschi del luogo in cui si trovavano per ottenere in cambio del denaro. Più di un italiano, in quel periodo, ha venduto la vita di molti ebrei che, fino al giorno prima, erano colleghi di lavoro, amici, vicini di casa...ed è un dettaglio non trascurabile e da ricordare per rispetto delle persone uccise e per onestà storica e intellettuale.
Una volta arrivata nei campi di concentamento, la famiglia Urovitz viene separata e sottoposta a soprusi e torture che, devo ammetterlo, mi hanno scosso così tanto da farmi scendere copiose lacrime. Ho dovuto saltare più di una volta alcuni dettagli perché erano troppo forti e dolorosi da leggere e di questo mi scuso sia con l'autrice sia con voi: il coinvolgimento emotivo è stato tale che mi è mancato il coraggio.
Di questo romanzo ho apprezzato ogni pagina e, in modo particolare, il nucleo della storia che non credo sia la morte ma, paradossalmente, la vita: il personaggio principale, Lia, è follemente innamorata della vita e nonostante si trovi in una situazione dolorosa e ingiusta non perde mai occasione per decantarla, per sognare, per progettare il suo futuro. La follia nazista metterà la parola fine alla sua esistenza e a quella di milioni di ebrei innocenti, ma non al suo insegnamento (nonché filo conduttore di tutto il romanzo) che viene ricordato dal fratello Tommaso nel finale del libro: Vedrai che il mondo sarà un posto migliore, vedrai che nessuno dimenticherà e ognuno imparerà ad apprezzare di più la vita. Vivi per me Tommaso, sii forte e ama la libertà. Vivi, vivi, la vita è meravigliosa. E' meravigliosa!


* Recensione a cura di Silvia Cortese per il blog "Bellamente Libera" (27 aprile 2014)

VAI ALLA RECENSIONE



Immaginate di essere degli ebrei durante l’Olocausto e che la vostra vita cambi improvvisamente, immaginate di dover trascorrere anni rinchiusi nella cantina di un’altra famiglia perché fuori imperversa la Seconda Guerra Mondiale e, peggio ancora, le leggi razziali. E infine immaginate una ragazzina ebrea di tredici anni che si affaccia alla vita, ma che vede solo morte. Proprio questa ragazzina, di nome Lia, è la protagonista del romanzo “Quando dal cielo cadevano le stelle” di Sofia Domino.
Una storia forte e intensa, tragica e commovente al tempo stesso. Un romanzo, questo, poco adatto a stomaci delicati, poiché getta luce nella ferita più profonda della nostra storia; un romanzo che ha richiesto sicuramente coraggio per essere scritto, ma che richiede altrettanto coraggio per essere letto.
Questa storia racconta il lungo calvario di una famiglia ebrea, quella di Lia, che vive a Roma fino a quando non viene deportata ad Auschwitz, ed è proprio lì che tutto inizia e tutto finisce per molti ebrei. Lia ha solo tredici anni eppure nulla le viene risparmiato in quell’inferno vivente che è Auschwitz, un luogo in cui non esiste pietà, ma solo orrore, tormento e morte.
L’autrice non risparmia alcuna crudeltà al lettore e non omette nulla di ciò che accada a Lia dal momento in cui varca la soglia del campo di concentramento. Davanti agli occhi di chi legge si estende un film dell’orrore pieno dei soprusi e delle violenze che i deportati sono costretti a subire ogni giorno. La fame, il freddo, le malattie, le punizioni, le percosse, le camere a gas sono tra i  tormenti più significativi descritti nelle pagine di questo romanzo.
Lia ama la vita, nonostante tutto e tutti, e non smette di sperare che un giorno la guerra finirà e tutti saranno liberati. Spera di poter diventare grande, insieme ai suoi fratelli e che un giorno le stelle saranno visibili soltanto in cielo e non più sulle uniformi a righe degli ebrei.
Fortunatamente per Lia la liberazione è alle porte. Riuscirà a tenere duro, a resistere fino all’arrivo degli americani? La ragazzina è determinata a non cedere e, nel suo piccolo corpo ridotto ormai a un ramoscello secco, aleggia una determinazione e una fiducia nella vita che ha tutto da insegnare a chi, invece, si scoraggia nel quotidiano per delle banalità. Il destino di Lia è appeso a un filo sottile, rimanete con lei fino alla fine di questo libro, non abbandonatela e lo conoscerete anche voi.
Al termina di questa lettura, che tocca il cuore e l’anima, non si può non avvertire una nuova forza trasferirsi dentro di sé, quella di una ragazzina che ha avuto il coraggio di scommettere sulla vita nonostante l’avvicinarsi della morte.
Lia non si è arresa perché, come ci ricorda lei stessa, la vita è bella.





* Recensione a cura di Giorgia Tarocchi per il sito "Saltinaria" (24 aprile 2014)

VAI ALLA RECENSIONE


“Quando dal cielo cadevano le stelle” è un libro di Sofia Domino, pubblicato nel gennaio 2014, che racconta le amare vicissitudini della Shoa attraverso gli occhi di una bambina ebrea italiana, che non smette mai di perdere la speranza.
1943, Roma si trova nel pieno della seconda guerra mondiale, sono state emanate le leggi razziali, migliaia di ebrei sono stati costretti a lasciare i loro averi, la loro città, la loro casa per nascondersi dalla loro stessa identità - perché a quell’epoca essere ebreo non rappresentava solo una fede, ma un tratto distintivo che doveva essere coperto se non si voleva morire.
Ed è proprio dietro a quattro pareti di una cantina che ha inizio il racconto di una bambina, Lia Urovitz, che a soli tredici anni è stata costretta a nascondersi con la sua famiglia, grazie all’aiuto dei suoi protettori.

Quello che la piccola Lia mostrerà sarà una realtà straziante, ma a tratti bella, perché con la sua innocenza farà capire quant’è preziosa la vita e quanto bisogna lottare per tenersela stretta, senza vedere in che condizioni si vive, ma amarla per quello che è perché finche c’è amore c’è speranza.
Attraverso la voce e gli occhi di Lia si vivono attimi di terrore e angoscia, di piccole gioie, incomprensioni e tanta, tanta speranza.
S’impara a conoscere i diversi personaggi, ben descritti, e a sperare con loro; Lia è una ragazzina che per forza di cose è dovuta crescere più della sue giovane età, mostrandosi fin da subito una donna forte e ostinata a credere che l’amore per la vita vincerà sulla guerra, che presto potrà di nuovo vedere la luce del sole e sentirsi libera; in alcuni momenti però ritorna piccola, rifugiandosi tra le braccia dell’amata nonna.

Continuare a sognare non è sbagliato secondo Lia, ed è per questo che spera di poter diventare u giorno una dottoressa e di viaggiare, di prendersi cura delle persone che ne hanno bisogno, e di proteggere le sue speranze contro tutti e tutto, anche contro l’immenso filo spinato di Auschwitz.
La piccola si mostra sempre forte, ma spesso si abbandona a lunghi e grossi pianti che soffocano la sua amata speranza.
La partenza improvvisa del padre, così come una grave perdita di un suo caro, sembrano far crollare il suo ottimismo.
Ma sarà l’amore a donare di nuovo la fede nel futuro negli occhi della protagonista, a darle la forza di guardare oltre, di non mollare e continuare ad avere fiducia.
L’oggetto del suo amore è Hadas, un giovane bimbo ebreo rifugiatosi anch’esso con i suoi cari in una soffitta di una famiglia romana. I due si legano fin da subito in una forte amicizia, nata per corrispondenza.
I piccoli ebrei si scrivevano a distanza, raccontandosi sensazioni, emozioni, stati d’animo, impressioni e tutto quello che la guerra e la vita in “silenzio” trasmettevano.
Lettera dopo lettera quell’amicizia si trasforma in amore, un amore vero e travolgente che diventa un grosso dolore quando i due ragazzi sono costretti a lasciarsi, con la promessa di rivedersi, nel giorno che passò alla storia per il “rastrellamento degli ebrei”.

Lia non sa cosa l’attende, non pensa a quanto può essere crudele e spietata la razza umana, ma continua a sperare, a sperare che presto tutto finirà.
Si assiste alla sua perdita di dignità, non si chiamerà più Lia ma 76903, non avrà più i capelli lunghi ma solo qualche ciuffo sulla testa rasata.
Da Auschwitz si troverà in altri campi di concentramento, in cui avverte il gelo, il freddo sulla pelle, e un’enorme speranza per la piccola, che come tutte le altre persone non sogna più di poter vivere, ma di riuscire a sopravvivere.

“Quando dal cielo cadevano le stelle” è un romanzo travolgente, che si rivolge a tutte le età, che fa riflettere, pensare, odiare, ma allo stesso tempo amare la vita come bene prezioso.
Ricco d’informazioni storiche che accompagnano la lettura, il romanzo permette di capire lo stato d’animo della piccola protagonista e di ricordare attraverso lei tutte le vittime dell’olocausto.

…Ora Lia è finalmente libera, libera di poter vedere il cielo, di ricordarlo come se lo ricordava prima della guerra, di poter di nuovo correre, di gridare a tutti che lei è Lia Urovitz ed è ebrea, libera di non nascondere più la sua identità, libera di poter guardare tutti con il suo immenso e unico sorriso…

* Recensione a cura di Marta Marino, pubblicata su Goodreads (21 aprile 2014)
VOTO: 5/5
VAI ALLA RECENSIONE
I miei complimenti vanno a Sofia Domino e a Quando dal cielo cadevano le stelle. Mi sono sentita letteralmente trascinare in questo romanzo e adesso non riesco a togliermelo di dosso.La protagonista è Lia, 13enne ebrea, italiana di Roma. Lia vive nella guerra con la sua famiglia, padre, madre, nonna e due fratelli - e è costretta a nascondersi per sfuggire alle leggi razziali e naziste. Mi ha colpito il personaggio di Lia, è da imitare. È molto ottimista e non lo credevo possibile. Questo libro sembra una storia già vissuta, ma non è così. Sofia Domino, con naturalezza, ci conduce nella mente di Lia, nelle sue speranze, nella paura delle bombe e della svastica, portandoci a Auschwitz. Sono descritte – in maniera impressionante – le torture di Auschwitz, i campi di concentramento e i sogni, quelli veri, quelli che mi hanno commosso.Nonostante la difficoltà è stato importante essere condotta a Auschwitz, per capire ancora di più la Storia e per essere ancora più vicini ai personaggi – ai quali mi ero già affezionata molto -.È impressionante anche il lavoro storico che c’è dietro a questo libro e che mi ha colpito molto.Una bellissima lettura, anche se dolorosa, con un bellissimo messaggio.Un libro che consiglio anche per i non appassionati dell’Olocausto.

* Articolo - recensione sul sito "Parole da amare" (14 aprile 2014)


VAI ALL'ARTICOLO - RECENSIONE





Sofia Domino è una giovane autrice toscana, che fin da bambina ha sognato di dedicarsi in modo professionale alla scrittura. Quando dal cielo cadevano le stelle è il suo primo romanzo, pubblicato in ebook il 27 gennaio 2014 (in occasione del Giorno della Memoria).

Rimasta colpita dalla visita ad Auschwitz, Sofia comincia a documentarsi sul dramma della Shoah fino a trarne ispirazione per un romanzo bello, avvincente, scritto con grande passione. Nelle 497 pagine del suo romanzo Sofia Domino ci racconta la storia di Lia Urovitz, una ragazzina ebrea di soli 13 anni, solare, allegra, con tanta voglia di vivere, che dopo l'entrata vigore delle lezzi razziali, è costretta a nascondersi in un nascondiglio con tutta la sua famiglia. Passano anni, fatti di giornate tutte uguali trascorse a cercare di non perdere la speranza, a pensare alla scuola, all'università..ma il 16 ottobre 1943 la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo, il nascondiglio degli Urovitz viene individuato e Lia con tutta la sua famiglia deportata ad Auschwitz. Da quel giorno ha inizio per lei un incubo ancora peggiore: lavoro, fatica, freddo, fame, malattia, morte. Sarà proprio quando la morte sarà più vicina ed il suo destino ormai chiaro, che Lia ritroverà tutta la sua determinazione per continuare ad amare la vita ed a guardare avanti fino all'ultimo nonostante l'enorme tragedia che si ritrova a vivere.

Complimenti a Sofia Domino per l'emozione che il suo romanzo riesce a trasmettere. La precisione dei dati raccolti sull'Olocausto e sul rastrellamento degli ebrei dal ghetto di Roma, oltre all'amore con il quale l'autrice descrive il personaggio di Lia, rendono Quando dal cielo cadevano le stelle uno dei libri più appassionanti e dolorosi scritti sulla tragedia della Shoah.


* Recensione a cura di Alessandra di "I love books" (14 aprile 2014)


VAI ALLA RECENSIONE



Fuori c'era la guerra,ma Lia avrebbe dato qualsiasi cosa per affacciarsi anche per un solo istante dalla botola d'accesso e sentire i raggi del sole sul suo viso.Avrebbe dato qualsiasi cosa per rivedere Roma,per correre nel ghetto ebraico,dove era nata e cresciuta,per perdere lo sguardo nell'azzurro del cielo e per aspettare l'arrivo della notte."
Lia, tredicenne, è come tanti altri ebrei vittima innocente di una delle pagine più tristi della  storia italiana. Ha tredici anni quando vengono emanate le leggi razziali e inizia l'incubo della fuga. Il racconto inizia quando la ragazza e la sua famiglia sono già nascosti in una soffitta per sfuggire ai rastrellamenti nazisti. 
Il 16 ottobre 1943 la Gestapo compie il rastrellamento del ghetto di Roma e Lia viene deportata nel campo di concentramento di Auschwitz con la famiglia. Ma proprio qui, nel vero e proprio inferno in terra, Lia si aggrappa alla propria giovinezza per sopravvivere e sono le  proprie speranze e i propri sogni a spingerla a lottare contro le torture fisiche e psicologiche perpretrate  nei campi.
Il romanzo è, anche in questo caso incentrato sulla crescita della ragazza, anche perché si svolge in un tempo piuttosto lungo e in quel cruciale periodo in cui le bambine diventano ragazze e maturano sia interiormente che nell'aspetto. 
La  trasformazione è inevitabile: da una protagonista passiva, continuamente braccata e che si deve affidare alla bontà altrui si ritrova ad essere sola, in balia del proprio destino, e dovrà fare affidamento solo sulle proprie forze. Questo cambiamento è palpabile anche in come la scrittrice è passata dalla prima parte in cui prevalgono i dialoghi alla seconda parte in cui prevalgono le riflessioni della ragazzina e le descrizioni.
Un romanzo passionale, toccante, commovente; anche in questo caso la documentazione storica è impeccabile ma non è che marginale rispetto alla forza del racconto. 




* Recensione a cura di Marta Gargiulo di "Voglio essere sommersa dai libri" (9 aprile 2014)

VAI ALLA RECENSIONE




* Recensione a cura di Sabrina Glorioso di "Mangia Libri" (7 aprile 2014)

VAI ALLA RECENSIONE





Chiusi in cantina si soffoca! È l’estate rovente del ’43 e Lia vive nascosta da tre anni. Sembra passata una vita intera da quando andava a scuola: si chiede se Roma sia sempre la stessa, eterna e misteriosa. Ma ormai lo sa, niente è più lo stesso, la guerra ha stravolto le abitudini degli Urovitz e lei e la sua famiglia sono costretti a nascondersi. Sono ebrei, un peccato mortale, Lia non sa spiegarsi il perché di quelle imposizioni ma sa che avere tredici anni e vivere rinchiusa è un’ingiustizia. Chalom di anni ne ha cinque, è il piccolo di casa, forse non saprà mai quanto è bella Roma fuori da quelle mura, e forse neppure Tommaso - il fratello maggiore - riabbraccerà la fidanzatina. Eppure Lia si sente fortunata, la cantina è un posto sicuro, finché i tedeschi non bussano alla sua porta…
L’odissea di una famiglia ebrea nell’Italia occupata: i giorni uno uguale all’altro trascorsi a sognare una pace lontana, una normalità spezzata, un tozzo di pane. Lia racconta i suoi anni da reclusa prima in cantina e poi in una soffitta, infine ad Auschwitz. L’orrore visto attraverso gli occhi di un’adolescente che non vuole rinunciare alla speranza, anche quando il nuovo giorno promette umiliazioni e torture. C’è ancora spazio per un primo bacio, per scrivere una lettera o per guardare le stelle, anche quando intorno tutti muoiono. Una storia non vera ma verosimile, basata su fatti realmente accaduti, numeri di una tragedia che ancora oggi si fa fatica a raccontare. Un romanzo pubblicato su una piattaforma indipendente e uscito il Giorno della Memoria, scritto da un’esordiente classe ’87 con una gran voglia di scrivere, almeno quanta ne ha Lia di continuare a vivere. Un po’ lento e ripetitivo nella prima parte, il racconto di Lia acquista spessore e ritmo nella seconda, accompagnandoci nella discesa agli inferi senza ritorno. Più gli eventi precipitano più il dramma si fa intenso e coinvolgente.


* Mini - recensione a cura di Michela Piccarozzi di "Appuntario" (7 aprile 2014)


VAI ALLA RECENSIONE



"Fuori c'era la guerra, ma Lia avrebbe dato qualsiasi cosa per affacciarsi anche per un solo istante dalla botola d'accesso e sentire i raggi del sole sul suo viso. Avrebbe dato qualsiasi cosa per rivedere Roma, per correre nel ghetto ebraico, dove era nata e cresciuta, per perdere lo sguardo nell'azzurro del cielo e per aspettare l'arrivo della notte."
Una delle pagine più brutte della nostra storia, il rastrellamento del ghetto di Roma nel 1943,raccontato anche qui da una adolescente, Lia, ragazza di gran coraggio e forza morale; vita spezzata che diventa metafora dell'annientamento del futuro.Eppure per Lia, nonostante tutto, non di speranza e fiducia; valori che solo persone nobili possono coltivare.
Un romanzo ricco di dettagli storici precisi ed emozionanti, nell'Italia di quegli anni: Mussolini, le leggi razziali, le deportazioni, i campi di concentramento, e, in mezzo a tutta questa miseria...uno sguardo rivolto al cielo, incantato, alla bellezza del creato, questo immortale.


" Seduta in un angolo, con la pancia piena, Chelsava alzò lo sguardo al cielo, imitando Lia. Non sapeva perché la sua amica amasse così tanto levare lo sguardo al cielo, ma quando Chelsava posò gli occhi sulle stelle sopra di lei, quasi a voler riflettere la loro gioia per la recente liberazione, non riuscì più a distogliere lo sguardo da cotanta bellezza"


* Recensione a cura di Manuela Dicati di "Il Forziere dei libri" (5 aprile 2014)

VAI ALLA RECENSIONE

IL MIO VOTO:



La trama dice già molto di suo.
Lia è una ragazzina come se ne incontrano poche. Sempre positiva, sempre ottimista e con un amore per la vita davvero invidiabile. Nonostante quello che sta vivendo continua a ripetersi che la vita è bella e degna di essere vissuta. Continua a sperare anche di fronte alle situazioni più tragiche e orribili, senza mai abbattersi, traendo forza dalle bellezze che la circondano. Quando è costretta a nascondersi la sua famiglia e un ragazzo con cui inizia a corrispondere, saranno la sua felicità; quando sarà deportata, la natura con il suo cielo immenso e infinito, sarà la sua evasione e il suo unico appiglio per continuare a credere nella libertà. Perché Lia, al contrario di coloro che la circondano, degli adulti e dei suoi genitori che dovrebbero essere la forza dei più piccoli e indifesi, non smette mai di credere che la guerra prima o poi finirà e che lei potrà tornare ad assaporare quella libertà che tanto agogna. Lia ha un sogno: diventare una dottoressa che viaggia per il mondo aiutando i più bisognosi. Ed è convinta che la rabbia e la crudeltà nazista non potranno mai sottrarle questo sogno, perché la morte non può vincere sulla vita.
Eppure il messaggio di Lia più che per se stessa è per coloro che la circondano. Come un angelo portatore del messaggio divino, proclama la sua gioia e la sua voglia di vivere, donando sorrisi, forza, ottimismo, speranza e vita, laddove sembra che la vita non esista più.
Lasciatemi prima fare una piccola riflessione. E’ stato molto difficile per me leggere questo romanzo e ho dovuto prenderlo a piccole dosi. Sono una persona estremamente emotiva e leggere di questi argomenti non è mai facile, proprio perché sai che non è finzione, ma è storia. Una storia che non risale a secoli fa, non si parla di uomini privi di intelligenza, conoscenza e cultura eppure leggendo di tutti gli orrori del nazismo è difficile crederlo.

A parte questo… l’autrice ha fatto un lavoro impressionante di ricerca storica. E per questo non posso che lodarla. Il libro è ricco di riferimenti storici, approfonditi nelle innumerevoli note, che riportano fatti, avvenimenti, dettagli di quel periodo che ti aiutano ad entrare ancor di più nella vicenda e a viverla sulla propria pelle. Ed è quello che è successo a me. Questo libro mi è rimasto dentro, mi è entrato sotto pelle e in qualche modo mi ha cambiato, mi ha arricchito, mi ha resa più consapevole.
Sofia Domino scrive molto bene, con un’ottima padronanza della lingua. Lo stile è fluido e scorrevole, le descrizioni minuziose ma mai ingombranti. Attraverso la narrazione della quotidianeità dei protagonisti, con l’attenzione per ogni più piccolo dettaglio, anche insignificante, il lettore si ritrova ad essere catapultato nel libro stesso, a vivere quella prigionia, le sofferenze, le privazioni come se fosse uno dei personaggi descritti. Mi sono ritrovata a ridere con loro per le piccole cose, a desiderare la libertà e la fine della guerra (quando per mia sfortuna già ben sapevo quando effettivamente sarebbe finita e che cosa sarebbe dovuto succedere prima), a sentirmi umiliata per i soprusi e devastata per le morti indiscriminate e senza senso, a farmi forza per l’amore delle persone più care, a godermi la bellezza del cielo infinito.
Ogni personaggio, con il suo carattere, il modo di fare, i pregi e i difetti, è stato ben descritto in un quadro corale ampio e variegato. Ma sono i sentimenti qui a fare da padrone, le sensazioni, le speranze e i sogni. Forse proprio per questo l’ho trovato così toccante.

Ho solo due appunti da fare.
L’inizio del libro è un po’ lento, e da principio ho faticato ad entrare nella storia, ma è durato poco. Perché ben presto le cose sono cambiate e sono stata letteralmente rapita.
Seconda cosa. La storia è narrata dal punto di vista di Lia salvo in alcuni casi cambiare per pochissime battute il POV, a seconda del personaggio con cui Lia sta interagendo. Ecco a volte questo repentino cambio e poi il celere ritorno a Lia, risulta estraneo, forzato, un po’ buttato lì. Insomma, se si cambia il punto di vista non ci si può limitare a una o due battute altrimenti il lettore viene disorientato e fatica a capire chi sta parlando.

Mi resta solo una cosa da dire. Ho apprezzato tantissimo il coraggio di questa autrice che non solo è riuscita a pubblicare un libro ma ha scelto un tema scottante e molto difficile. E’ riuscita a trattarlo in maniera magistrale a mio modesto parere, lasciando nero su bianco una testimonianza che non andrà persa e che può servire come insegnamento per le generazioni future. CONSIGLIATISSIMO!
Citazioni:


La vita era meravigliosa. Nonostante tutto, la vita lo era, e lei voleva farne parte. E chi riusciva a vedere il mondo dal suo punto di vista, allora non poteva che essere concorde con lei.

 La guerra non vincerà mai sulla vita.

* Recensione a cura di Aquila Reale di "Penna d'oro" (19 marzo 2014)

VAI ALLA RECENSIONE



STILE: 8
STORIA: 8
COPERTINA: 7


“Quando dal cielo cadevano le stelle” di Sofia Domino 

è una struggente ricostruzione di quel periodo storico attraverso la storia di Lia Urovitz e della sua famiglia. 

Lia è una ragazzina ebrea, ha 13 anni ed è costretta a vivere in una buia cantina per sfuggire ai fascisti. La famiglia Urovitz è composta da papà Daniele, da mamma Giuditta, da nonna Myriam, da Lia e dai suoi fratelli Chalom e Tommaso. Sono Ebrei, devono nascondersi, devono diventare invisibili agli occhi dei loro persecutori. Così, una buia cantina diventa il loro nascondiglio. Sono aiutati dai coniugi Parisi e da altri amici di buona volontà. Nel rifugio le giornate trascorrono lente e si vive nella continua paura di esser scoperti. L’angoscia di ciò che potrebbe accadere rende tutti nervosi, demotivati tranne Myriam e Lia. La nonna mi è subito piaciuta perché mostra  la saggezza tipica delle persone che hanno fatto tesoro della loro esistenza. Dispensa consigli, cerca di mitigare le situazioni in cui si creano contrasti tra i ragazzi e i loro genitori,  spera nella fine della guerra per tornare finalmente a vivere in pace. Lia cerca di dare una parvenza di normalità alle sue giornate: studia, aiuta la mamma  nei lavori domestici e nella preparazione dei miseri pranzi e delle, ancor più misere, cene. Ma, questa ragazzina ama la vita, guarda con occhi sognanti quella botola che la divide e la protegge dalla dura realtà e sogna. Sogna il futuro, vorrebbe diventare un medico per aiutare le persone e viaggiare, anela a esser parte attiva di quella stessa società che oggi la disprezza e la considera “un pericolo da eliminare”. La situazione precipita quando i rastrellamenti si fanno più serrati. Lia e i suoi cari iniziano un pellegrinaggio che li porterà in vari nascondigli e saranno costretti a ritornare alla loro abitazione proprio all’alba del 16 ottobre 1943 quando la comunità ebraica, del ghetto di Roma, viene rastrellata dalla Gestapo. Gli Urivitz saranno deportati ad Auschwitz. In tutto saranno 1023 ebrei italiani a finire nei campi di concentramento. Tornarono in 17.



Nel campo di concentramento di Auschwitz inizia la lenta agonia di tutti i deportati privati di ogni cosa e costretti a subire violenze alla persona e alla dignità. Ho letto queste pagine provando un vivo dolore, non è facile ripercorrere le torture subite dai prigionieri nei campi di sterminio. Non è facile accompagnare con lo sguardo da lettore i bambini, gli anziani, le donne, tutti coloro che erano inabili al lavoro, attraverso i bui e stretti corridoi che conducevano “alle docce”. Non vi descrivo gli orrori ma vi vorrei parlare della “fiducia”, “della speranza” che Lia continua a provare in cuor suo. Naturalmente mi direte: “Speranza nei lager tedeschi?” Si, cari amici, Speranza. Ed è proprio questo il messaggio che si evince tra le righe del romanzo che veste i panni di una vera e propria ricostruzione storica. Tra queste pagine si ha un intreccio perfetto tra la parte storica reale e  il personaggio di Lia, emblema di tutti coloro che subirono la deportazione. Con un linguaggio forte, a volte necessariamente crudele, Sofia Domino ripercorre il dramma  dei prigionieri. Esperienze sconvolgenti vengono narrate per ricordare come nei lager si perdeva la dignità di essere uomini, la capacità di pensare, la memoria di sé. La parola “annientamento” assume un duplice significato: nel lager non solo si annienta l’uomo fisicamente, ma, prima che muoia, si annientano tutte le sue caratteristiche umane.



Lia affronterà la prigionia alternando momenti di rabbia e ribellione, con momenti di disarmante ingenuità senza mai perdere la speranza. I puri di cuore non conoscono confini, i puri di cuore non moriranno mai fino a quando si avrà memoria del loro sacrificio. Riflettiamo, cari lettori, riflettiamo quando ci lamentiamo nelle nostre case, con gli amici, in piena libertà. Quando non siamo mai contenti di nulla.

Leggendo “Quando dal cielo cadevano le stelle” ho ammirato il lavoro di ricerca e di studio condotto per realizzare questo libro.


La scrittrice si è posta di fronte alla Storia e con fedele e scientifica ricostruzione del passato, ci ha narrato la vita, le emozioni, le ingiustizie, i pensieri di coloro che hanno subito la violenza disumana e la sopraffazione infinita dei lager. Ho ammirato molto l’impegno di Rebecca e Sofia Domino che con i loro romanzi sull’Olocausto hanno voluto ricordarci queste esperienze dolorose. Spesso è necessario “ricordare” per poter apprezzare ciò che di positivo viviamo quotidianamente e che a volte non sappiamo riconoscere.



Vorrei concludere questa recensione-riflessione con un’immagine:



Lia ora è libera, finalmente può sognare, amare, vivere. Lia  è libera di oltrepassare il cancello di Auschwitz. Lia  è libera di salire su per una scala infinita i cui pioli sono formati dall’amore, dall’amicizia, dal rispetto, dalla libertà, dalla voglia di vivere, dal desiderio di realizzare i propri sogni, dalla fiducia. Sale sempre più su Lia e  raggiunge la volta celeste per riportarvi l’astro della speranza affinché dal cielo non cadano più le stelle.
 


* Recensione a cura di Giulia di "Giulia's World" (16 marzo 2014)

VAI ALLA RECENSIONE


Titolo: Quando dal cielo cadevano le stelle
Autore: Sofia Domino
Data di pubblicazione: 27 gennaio 2014

Approcciarsi ad un libro che tratta il tema dell'olocausto non è mai facile, sia per noi lettori ma anche e soprattutto per gli scrittori. Non è facile rievocare uno dei periodi più bui della storia umana, ed essere in grado di farlo rimanendo quanto più fedeli possibili agli avvenimenti storici. Tutti sappiamo cos'è l'olocausto, perchè festeggiamo il giorno della memoria, ma quanti di noi hanno mai letto di loro iniziativa un libro trattante l'olocausto? Io sono sempre stata una di quelle persone interessata ad approfondire l'argomento, questa è davvero una delle poche cose in cui non ammetto e non accetto l'ignoranza. Non si può essere ignoranti, non si può dire oggi che tutto questo non è mai successo. Non possiamo chiudere gli occhi e pensare che tanto non capiterà più, perchè noi uomini siamo la razza più stupida che ci sia nel regno animale.
Ma questo libro non parla solo dell'olocausto, parla anche di tutte quelle coraggiose persone che hanno sacrificato la propria incolumità per prestare soccorso agli ebrei. Non dobbiamo dimenticare infatti che in Italia le leggi raziali non hanno mai avuto un impatto così forte come lo ebbero in Germania. Moltissimi italiani, civili e religiosi, si sono adoperati per aiutare queste persone, questi connazionali che da un giorno all'altro si sono visti portare via tutto.
A tal proposito, voglio citarvi l'esempio che conosco meglio: Bartali. Gino Bartali, famoso ciclista dell'epoca, nascondeva nella canna della sua bicicletta documenti falsi per gli ebrei, in modo che potessero scampare alle deportazioni. In questo modo salvò centinaia di persone, quando gli chiesero perchè non lo avesse mai detto, lui rispose che queste cose si fanno senza farne parola. E' la cosa più bella che abbia mai sentito.
Come Gino Bartali, anche molte altre persone si prodigarono per aiutare gli ebrei. In questo romanzo, Lia e la sua famiglia vengono aiutati da varie famiglie di amici prima che la realtà della guerra entrasse prepotentemente nelle loro vite.
Ho apprezzato particolarmente il personaggio di Lia, una ragazza allegra e solare che nonostante tutto ciò che ha subito non ha mai perso la speranza. Riusciva ad immaginarsi alla fine della guerra, poteva vedersi mentre realizzava i suoi sogni. La sua semplicità e la sua forza d'animo, dovrebbero essere un esempio per tutti. E' vero, è un personaggio di finzione, ma voglio credere che le persone che si sono salvate siano riuscite a farlo perchè come Lia credevano in un futuro migliore. Un futuro in cui non ci sarebbero state più guerre, un futuro in cui le stelle sarebbero brillate in cielo, un futuro in cui gli ebrei non avrebbero più dovuto nascondersi.
Non ho potuto fare a meno di commuovermi, vedendola mentre cercava in tutti i modi di sopravvivere ai soprusi del campo, mentre cercava di farsi forza e di far forza a sua madre e alle altre internate. La vita non era stata giusta con lei, eppure Lia non si è mai persa d'animo certa che la guerra sarebbe finita presto e che avrebbe potuto riabbracciare i suoi cari.
Lia è una ragazza come tante, costretta da delle leggi ignobili a vivere segregata, costretta a dover rinunciare persino all'amore per il solo fatto di essere ebrea.
Una cosa sempre molto apprezzabile è la ricerca che sta dietro un libro, ed in questo caso devo fare i miei complimenti all'autrice. E' riuscita a creare un libro con personaggi immaginari, rimanendo il più fedele possibile agli avvenimenti storici realmente accaduti. Si nota che c'è stata una grande ricerca dietro questo libro, credo che gli sforzi dell'autrice siano stati ripagati al meglio. Inoltre ho apprezzato molto le note a margine, non ero a conoscenza di molti avvenimenti avvenuti nella capitali prima dei rastrellamenti e quelle note sono state molto utili.
Un libro commovente, crudo e reale come la vita che non potrà fare a meno di emozionarvi e di toccare le corde più profonde della vostra anima.
E ricordate: la vita è bella, la vita è meravigliosa!

Il mio voto


4 stelline e mezzo

* Recensione a cura di Francesco Balestri "La bancarella del libro" (27 febbraio 2014)

VAI ALLA RECENSIONE

Recensione: Quando dal cielo cadevano le stelle, di Sofia Domino // Sogni dietro il filo spinato


L'argomento della recensione di oggi mi rende molto orgoglioso. Parecchio direi.
Come avrete certamente notato io mi presto a leggere davvero di tutto, perchè mi piace e mi rilassa. Penso che la lettura sia un momento di svago e di relax dopo una dura giornata, ma è anche un momento di arricchimento personale e di cultura. Qualcosa su cui riflettere.
E' per questo che ho accettato la proposta di Sofia e Rebecca Domino, due giovani scrittrici che in occasione della Giornata della memoria del 27 gennaio hanno pubblicato due libri in formato ebook dall'argomento piuttosto interessante. Qua di seguito vado a recensire il primo di questi due libri, quello di Sofia Domino.

Titolo: Quando dal cielo cadevano le stelle
Autore: Sofia Domino
Editore: Lulu
Pagine: 496
Prezzo: 1.99 euro

La trama: Lia ha tredici anni. È una ragazzina italiana piena di sogni e di allegria, con l’unica colpa di essere ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale. Dallo scoppio delle leggi razziali la sua vita cambia, e con la sua famiglia è costretta a rifugiarsi in numerosi nascondigli, a sparire dal mondo. Da quel mondo di cui vuole fare disperatamente parte. Passano gli anni, conditi da giornate piene di vicende, di primi amori, di paure e di speranze, come quella più grande, la speranza che presto la guerra finirà. Ma nessuno ha preparato Lia alla rabbia dei nazisti. Il 16 ottobre 1943, la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo e i nazisti le ricorderanno che una ragazzina ebrea non ha il diritto di sognare, di sperare, di amare. Di vivere. Lia sarà deportata ad Auschwitz con la sua famiglia, e da quel giorno avrà inizio il suo incubo. Terrore, lavoro, malattie, camere a gas, morti. E determinazione. Quella che Lia non vuole abbandonare. Quella determinazione che vorrà usare per gridare al mondo di non dimenticare. Quella determinazione che brillerà nei suoi occhi quando il freddo sarà troppo pungente, quando la fame sarà lancinante, quando la morte sarà troppo vicina e quando sarà deportata in altri campi di concentramento. Quella determinazione che le farà amare la vita, e che le ricorderà che anche le ragazzine ebree hanno il diritto di sognare. Perché non esistano mai più le casacche a righe, perché nessuno sia più costretto a vivere in base a un numero tatuato su un braccio o in base a una stella cucita sulla veste. Perché dal cielo non cadano più le stelle.

La recensione: Tutti sanno che cosa sia l'olocausto. Quello che però spesso si dimentica è di "ricordare" quello che è accaduto davvero nei campi di sterminio.
La trama di questo libro, la storia che racconta, forse la conosciamo tutti o possiamo immaginarla, magari anche solo per averne sentito parlare sui banchi di scuola. E' la storia di Lia e della sua famiglia e di come scappando da un rifugio ad un altro riescono a "sfuggire" ai nazisti prima di venire catturati per essere deportati nei campi di prigionia.
Quante volte abbiamo sentito storie simili?

Devo ammettere però che trovarmi a leggere le pagine di questo libro in un momento particolare della mia vita, mi abbia dato parecchio da pensare. E ne darà a tutti coloro che vorranno cimentarsi.
C'è ben poco da aggiungere a quello che già viene spiegato all'interno del libro.
Numerosi punti di forza sono presenti tra queste pagine. Primo fra tutti, e non è da sottovalutare è il linguaggio scorrevole, che rende piacevole la lettura delle quasi 500 pagine del libro. Quello che resta comunque difficile da digerire è l'argomento, non perchè non sia interessante, quanto al fatto che sia qualcosa di cui noi uomini (inteso come genere umano) dobbiamo tutt'ora vergognarci.
Vergognarci. Per aver pensato e aver permesso l'attuazione di un tale piano per sterminare un popolo.
Durante la lettura, a cui mi dedicavo prevalentemente la sera, mi sono chiesto spesso come fosse stato possibile tutto ciò. Strappare famiglie, persone, dalla vita di tutti i giorni, vietargli una normale vita sociale, costringerli a nascondersi e infine privarli della libertà facendo subire loro ogni sorta di brutalità e cattiveria.
Tutt'ora non lo so e non ce la faccio. Purtroppo per noi fa parte della nostra storia e possiamo farci ben poco adesso.
Nonostante si tratti di un libro che ha un fondamento profondo non cessa quasi mai di affascinare, nel bene o nel male. La prima parte, dove viene descritta prevalentemente la vita della famiglia Urovitz nella cantina della famiglia Parisi, che può risultare a volte un po' ripetitiva, viene del tutto movimentata (e sconvolta) dalla seconda parte del libro, quando i tedeschi irrompono nella vita di quelle persone. Ecco che ci si presenta a gli occhi tutta un'altra storia. Decisamente più spietata.

La cattiveria, la crudeltà, il cinismo, la brutalità e la totale indifferenza del popolo tedesco nei confronti degli ebrei è palpabile. Sconvolge, deprime, intristisce e incupisce il lettore, anche lui scortato nei campi di sterminio assieme a Lia e ai membri della sua famiglia.

Vengono descritte ogni sorta di torture e di offese. Percosse, maltrattamenti. Quando dal cielo cadevano le stelle si presenta spesso come un libro che non è facile "digerire" per la presenza di numerosi episodi storici che
sbattono in faccia al lettore un mondo a cui era bene non appartenere. Questo però non è certo un punto a sfavore. Tutt'altro. Se da una parte il nostro Io ci suggerisce di posare per un attimo il libro per riprenderci, dall'altro c'è la voglia di continuare la letture, per cercare di capire fino a che punto è possibile spingersi. Fino a che punto di può essere stupidi a tal punto da accanirsi con tutte quelle persone che una volta deportate nei campi di Birkenau o simili, sono state private delle persone che amavano, della loro dignità, dell'amore, dell'essere una persona come tutte le altre e potersi godere la vita senza vivere nel terrore che un tedesco di sparasse in testa.

Il messaggio: Un bellissimo messaggio lancia questo libro. Davvero. Quando dal cielo cadevano le stelle allude alla presenza delle stelle di David cucite sulle casacche a strisce dei prigionieri nei campi di sterminio. Ma non solo. Lia, la protagonista, è solita ammirare l'immensità del cielo per sentirsi libera, per sperare. Sperare che prima o poi tutto quell'orrore finisca e possa riunirsi ai suoi amici e ai suoi familiari. Perchè la vita, nonostante tutto è meravigliosa e vale la pena di essere vissuta.
Oltre il filo spinato.


A proposito dell'autore: "Sono nata nel 1987 e sin da quando ero piccola mi piaceva scrivere temi e racconti. Adesso la scrittura è la mia passione principale. Oltre a scrivere adoro leggere e sognare. Inoltre, viaggio non appena posso. "Quando dal cielo cadevano le stelle" è il mio primo romanzo".

Per tutti coloro che fossero interessati all'acquisto cliccate
qui.
Il
blog di Sofia Domino.
* Recensione a cura di Martina Mattone di " Prima Pagina Online" (23 febbraio 2014):

VAI ALLA RECENSIONE

NOTA: la recensione fa parte dell'articolo dedicato al mio romanzo "Quando dal cielo cadevano le stelle" e a quello di mia sorella "La mia amica ebrea", entrambi sul tema dell'Olocausto. 



Quando dal cielo cadevano le stelle di Sofia Domino ha come sfondo la storia di Lia, tredicenne ebrea che, dopo la divulgazione delle leggi razziali, è costretta a nascondersi assieme alla sua famiglia. Eppure, nonostante le difficoltà, la paura e la speranza, la buona sorte sembra essere dalla sua parte, finché il 16 ottobre del 1943 la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo. Il nazismo irrompe prepotentemente nella vita di Lia, ricordandole che una ragazzina ebrea non ha il diritto di sognare, di sperare e neppure di amare. Lia sarà caricata su uno dei treni bestiame che la porteranno dritta nell’inferno di Auschwitz, là dove le uniche cose che esistono sono terrore, lavoro, malattie, camere a gas e morti. Eppure Lia ha dalla sua la forza della determinazione, che la spingerà ad andare avanti quando il freddo sarà terribile e la fame lancinante. Quella stessa determinazione che le ricorderà che tutti hanno il diritto di sognare, anche le ragazzine ebree.
Entrambi i romanzi hanno come protagoniste delle adolescenti che si trovano a vivere uno dei periodi più bui della storia dell’uomo. L’argomento di base non è molto particolare e il rischio di incorrere nella banalità era dietro l’angolo, ma entrambe sono riuscite a rendere le storie leggibili e originali a modo loro. I romanzi sono corposi, ma piacevolmente scorrevoli e accattivanti.
Le autrici sono entrambe giovanissime ed esordienti, ma non per questo meno talentuose.
* Recensione a cura di Enrico Cardillo, blog "Recensioni, libri, tv" 18 febbraio 2014
Si tratta di un testo scritto da un'autrice indipendente (qui, il suo Blog), che è acquistabile qui a 1,99 euro.
Siamo sempre sul tema della Shoah, come spesso ultimamente nel mio Blog. E il testo non è un saggio, ma un romanzo. Un romanzo molto triste e commovente, ma anche molto bello!
E' sostanzialmente diviso in due parti.
La prima tratta della storia di una ragazza italiana ebrea di 13 anni, Lia, che deve cercare di sopravvivere alle leggi razziali italiane e che, come molti a quei tempi, è costretta a rifugiarsi nelle cantine di qualche anima coraggiosa e pia.
La seconda parla sempre di Lia, ma è ambientata ad Auschwitz, e poi in altri campi di concentramento.
Ho diviso le due parti non solo perché cambia l'ambientazione.
Ma anche perché cambia lo stile di scrittura: più dialogata la prima parte, più descrittiva e concentrata sui pensieri della protagonista, la seconda (che a me è piaciuta molto di più).
E anche perché cambia l'atteggiamento della stessa protagonista.
Molto passivo nella prima parte. Decisamente attivo e combattivo nella seconda. Nella sua esperienza di "rifugiata" è ancora una bambina, protetta (per quanto possibile) dai genitori e dalla famiglia. In quella di deportata è lei a farsi artefice della propria vita, cercando di resistere e di sorreggere chi ha intorno.

Nella terribile esperienza del lager, la ragazza è costretta a vedere scomparire man mano tutto il suo mondo, i suoi amori, i fondamentali della sua vita. E tutto è descritto con precisione e passione, in quell'atmosfera triste e commovente, del resto invevitabile dato l'argomento.
Ma nel cuore di Lia rimane vivo il senso di sé, la cosicenza che la vita non è finita, che gli uccellini cantano ancora, che nel cielo le stelle brillano ancora.
I nazisti vogliono portalre via tutto, l'umanità, la vita interiore.
E in parte ci riescono. Ma solo in parte. In lei rimane sempre un barlume, una minuscola ma intensa sensazione del fatto che il mondo non è solo quello e che non sarà per sempre quello.
Gli eventi storici si alternano a quelli della storia dei personaggi. E il testo è arricchito da note.
Mi è sembrato inoltre ben documentato.
Lo consiglio certamente.

* Recensione a cura di Akami, blog "Carta - profumo" 18 febbraio 2014
VAI ALLA RECENSIONE

"-... Allora le stelle cucite sui vestiti degli ebrei non mi piacciono – sentenziò Chalom– sono state portate via dal cielo, come io sono stato portato via dalla mia casa. Secondo me quelle stelle sono tristi –
- Prima o poi le stelle saranno solo nel cielo – disse Myriam."


Titolo: Quando dal cielo cadevano le stelle
Autore: Sofia Domino
Prezzo: € 1,99 (e-book)
Trama: Lia ha tredici anni. È una ragazzina italiana piena di sogni e di allegria, con l’unica colpa di essere ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale. Dallo scoppio delle leggi razziali la sua vita cambia, e con la sua famiglia è costretta a rifugiarsi in numerosi nascondigli, a sparire dal mondo. Da quel mondo di cui vuole fare disperatamente parte. Passano gli anni, conditi da giornate piene di vicende, di primi amori, di paure e di speranze, come quella più grande, la speranza che presto la guerra finirà. Ma nessuno ha preparato Lia alla rabbia dei nazisti. Il 16 ottobre 1943, la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo e i nazisti le ricorderanno che una ragazzina ebrea non ha il diritto di sognare, di sperare, di amare. Di vivere. Lia sarà deportata ad Auschwitz con la sua famiglia, e da quel giorno avrà inizio il suo incubo. Terrore, lavoro, malattie, camere a gas, morti. E determinazione. Quella che Lia non vuole abbandonare. Quella determinazione che vorrà usare per gridare al mondo di non dimenticare. Quella determinazione che brillerà nei suoi occhi quando il freddo sarà troppo pungente, quando la fame sarà lancinante, quando la morte sarà troppo vicina e quando sarà deportata in altri campi di concentramento.
Quella determinazione che le farà amare la vita, e che le ricorderà che anche le ragazzine ebree hanno il diritto di sognare. Perché non esistano mai più le casacche a righe, perché nessuno sia più costretto a vivere in base a un numero tatuato su un braccio o in base a una stella cucita sulla veste.
Perché dal cielo non cadano più le stelle.
... Le pagine trasudavano impegno: dalle accuratissime note a fine pagina a conoscenza estrema dell'argomento.
Ribadisco che è una lettura piacevole e scorrevole, i rapporti tra i personaggi sono in alcuni punti talmente realistici da sbalordire, lo stile allegeriva il romanzo nonostante l'austero argomento.
Un libro davvero carino e, se cercate romanzi su quest'argomento, vi consiglio di dargli un'occhiata. Devo dire,a favore dell'autrice, che quando ho scoperto il significato del titolo l'ho considerata un autentico genio.

Bye bye and kisses by Akami